MEDIAPATIA

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Release of "MediaPatia" by Giorgio Viali: An Experimental Journey Between Media and Social Body

February 22, 2025 marks a significant moment in the contemporary art scene with the publication of "MediaPatia," the new book by Giorgio Viali, which collects and deepens his eponymous performance, "Media Performance Precaria." This unique work aims to explore the complex and often conflicting relationship between media, society, and human desires in an era where libido and libidocracy permeate every aspect of daily life.

In the current context of social and labor precariousness, Viali highlights the figure of the sex worker and sex performer, who emerge as protagonists of a contemporary narrative in which platforms like OnlyFans and social media like Instagram and TikTok play a crucial role. His work serves as a voice for a mythological reworking of the drama of Eurydice and Orpheus, transforming stories into a modern photo-novel that challenges social norms and patriarchy.

"MediaPatia" is characterized by an innovative structure that unfolds through frames and mediagrams, giving life to a hybrid biofilm. Here, psychoanalysis and psychopathology intertwine with philosophy and psychodrama, creating a rich and complex narrative fabric. Viali's filmmaking, often on a zero budget, stands out for its boldness and the use of innovative techniques such as performative video art and urban fictions.

In this context, the author positions himself not only as a photographer and filmmaker but also as a screenwriter, reflecting the tensions between feminism, machismo, and Marxism, and proposing a new urban situationism. "MediaPatia" thus transforms into a collective monologue, a hybridization of styles and languages that challenges the conventions of mainstream sociology.

The images and videos of Viali are not mere works of art but confessions of the social body, a laundry of emotions and relationships intertwined in a contemporary drama. The author invites the reader to reflect on what it means to be part of a media metropolis, emphasizing how every action, no matter how small, can have a significant impact.

Through "MediaPatia," Viali takes us on a journey to explore the hybridizations of identities and relationships in our time, offering a critical gaze on the visual ontology of our era. With an eye turned to the experiences of Venice82 and cinema exhibitions, the work presents itself as a manifesto for a new era of artistic and social exploration.

In conclusion, "MediaPatia" by Giorgio Viali is an invitation to immerse oneself in a world in constant flux, where art becomes a tool for reflection and social critique, paving the way for an Antistate and a Black Market for bodies, emotions, and grafted pathologies. Don’t miss the opportunity to discover this work that promises to reshape our perception of the contemporary world.


Uscita di "MediaPatia" di Giorgio Viali: Un Viaggio Sperimentale tra Media e Corpo Sociale

Il 22 febbraio 2025 segna un momento significativo nel panorama dell'arte contemporanea con la pubblicazione di "MediaPatia", il nuovo libro di Giorgio Viali, che raccoglie e approfondisce la sua performance omonima, "Media Performance Precaria". Quest'opera unica si propone di esplorare il complesso e spesso conflittuale rapporto tra media, società e desideri umani, in un'epoca in cui la libido e la libidocrazia permeano ogni aspetto della vita quotidiana.

Nell'attuale contesto di precarietà sociale e lavorativa, Viali mette in luce la figura del sex worker e del sex performer, che emergono come protagonisti di una narrazione contemporanea in cui piattaforme come OnlyFans e social media come Instagram e TikTok giocano un ruolo cruciale. La sua opera si fa portavoce di una rielaborazione mitologica del dramma di Euridice e Orfeo, trasformando storie in un moderno fotoromanzo che sfida le norme sociali e il patriarcato.

"MediaPatia" è caratterizzato da una struttura innovativa, che si sviluppa attraverso fotogrammi e mediagrammi, dando vita a un biofilm ibrido. Qui, la psicoanalisi e la psicopatologia si intrecciano con filosofia e psicodramma, creando un tessuto narrativo ricco e complesso. La produzione cinematografica di Viali, spesso a zero budget, si distingue per la sua audacia e per l'uso di tecniche innovative come la videoarte performativa e le finzioni urbane.

In questo contesto, l'autore si configura non solo come fotografo e filmmaker, ma anche come sceneggiatore, riflettendo le tensioni tra femminismo, maschilismo e marxismo, e proponendo un nuovo situazionismo urbano. "MediaPatia" si trasforma così in un monologo collettivo, un'ibridazione di stili e linguaggi che sfida le convenzioni del mainstream sociologico.

Le immagini e i video di Viali non sono semplici opere d'arte, ma confessioni del corpo sociale, una lavandaria di emozioni e relazioni che si intrecciano in un dramma contemporaneo. L'autore invita il lettore a riflettere su cosa significhi far parte di una mediametropoli, sottolineando come ogni azione, per quanto piccola, possa avere un impatto significativo.

Attraverso "MediaPatia", Viali ci conduce in un viaggio di esplorazione delle ibridazioni delle identità e delle relazioni nel nostro tempo, offrendo uno sguardo critico sull'ontologia visiva della nostra epoca. Con un occhio rivolto alle esperienze di Venezia82 e alle mostre di cinema, l'opera si presenta come un manifesto di una nuova era di esplorazione artistica e sociale.

In conclusione, "MediaPatia" di Giorgio Viali è un invito a immergersi in un mondo in continua mutazione, dove l'arte si fa strumento di riflessione e critica sociale, aprendo la strada a un Antistato e a un Mercato Nero per corpi, emozioni e patologie innestate. Non perdere l'occasione di scoprire questa opera che promette di ridisegnare il nostro modo di percepire il mondo contemporaneo.


MEDIAMETROPOLI MEDIAPATIA LIBIDOCRAZIA FARMACOPORNOGRAFICO FARMACOSOFIA MONOPATIA SEXPERFORMER SEXWORKER CINEMA TEATRO MERCATONERO MINUSCOLA MINUSCOLAPRO MINUSCOLAPRODUZIONE CONTROMEDIA ANTISTATO SERVIZIOURBANO ORDINEPUBBLICO LAVANDERIA EURIDICE ORFEO PERSEFONE EURIDICESTREAM MEDIAGRAFIA MEDIAGRAMMI FOTOGRAMMI FOTOPATIA PISCOPATIA PSICOLOGIA FOTORITRATTO BIOPSICOLOGIA BIOGRAFIA MINIGRAFIA MINIGRAFIE FINZIONEURBANE SANCTAIMAGO BODYPATIA CELESTEMALFATTA FEELTHESNAKE FEEDTHESNAKE STILLSKIN PROTOTIPO SOTTOCOSTO USOIMPROPRIO MARXISMO SITUAZIONISMO IBRIDO IBRIDAZIONE IBRIDOLOVE MOSTRADELCINEMA VENEZIA82 ONTOLOGIAVISIVA IBRIDAZIONI CINEMASPERIMENTALE PRODUZIONECINEMATOGRAFICA ZEROBUDGET SCENEGGIATURA SCENEGGIATORI SCENEGGIATRICE FEMMINISMO PATRIARCATO MASCHILISMO GIORGIOVIALI CORPOSOCIALE CINEMASOCIALE MONOLOGO MONOPORZIONE FASHION FASHIONFILM SERVIZIOMODA AUTORE FOTOGRAFO FILMMAKER VIDEOMAKER SCENEGGIATORE PSICODRAMMA FOTORIVISTA FOTOROMANZO

PROGETTI 2025

Tre Storiacce/Progetti in corso:

Idee originali di Giorgio Viali - www.giorgioviali.live Da sviluppare nel corso del 2025

Progetti ibridi minimali. Da sviluppare con misto foto, video, testi. Casa di Produzione: Minuscola Pro - www.minuscola.pro

Progetti Zero Budget, indipendenti e sperimentali. Non è previsto compenso.

Questi progetti sono sviluppati dalla casa di produzione Minuscola Pro e presentano idee originali di Giorgio Viali. Sono progetti ibridi minimali, ovvero verranno realizzati utilizzando una combinazione di foto, video e testi. Sono progetti indipendenti e sperimentali, senza previsione di compenso per gli autori. Verranno sviluppati nel corso del 2025.

  1. Euridice Stream

Euridice è la protagonista. Ama e vive con Orfeo. Un giorno Orfeo perde la testa per Aristea e abbandona Euridice senza darle spiegazioni. Euridice cerca Orfeo e scopre che lavora come sex performer insieme ad Aristea per un'agenzia gestita da Persefone. Persefone chiede a Euridice di lavorare per sei mesi come sex performer per lei, dopo i quali potrà rivedere Orfeo.

Questo progetto esplora temi come l'abbandono, la ricerca dell'amore perduto e la sessualità commercializzata. La protagonista Euridice dovrà affrontare una scelta difficile per poter ritrovare il suo amato Orfeo.

  1. Libido Crazia

In un futuro distopico, farsi stuprare è diventato un rito di passaggio necessario per essere considerata una donna. I social media hanno diffuso questa nuova "moda", dopo l'avvento dei tatuaggi. Sono nate delle agenzie che offrono un servizio di stupro mantenendo le caratteristiche sociali di violenza e sopraffazione richieste, ma garantendo che non oltrepassi i limiti. La protagonista, Celeste, sta valutando con un'amica quale servizio adottare.

Questo progetto affronta temi molto delicati e controversi, come la violenza di genere, la mercificazione del corpo femminile e la normalizzazione dello stupro nella società futura. Sarà necessario un approccio estremamente cauto e sensibile nella realizzazione di questo lavoro.

  1. Farmaco Sofia

Celeste è una laureanda rimasta orfana di padre da piccola. Vive ossessivamente questa mancanza paterna. Decide così di somministrare ormoni maschili alla madre Agata per farla diventare l'uomo che non ha mai avuto. Con l'aiuto di un'amica medica, Celeste inizia a far assumere gli ormoni alla madre, che nel giro di 10-12 mesi sviluppa il desiderio di diventare uomo.

Questo progetto esplora temi come l'identità di genere, il rapporto madre-figlia e la ricerca della figura paterna. Sarà interessante vedere come la trasformazione della madre influenzerà la vita e la psicologia della protagonista Celeste.


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Tre Progetti di Giorgio Viali per Minuscola Pro (2025)

Questi tre progetti, concepiti da Giorgio Viali per Minuscola Pro, presentano un'ambiziosa sperimentazione narrativa e formale, sfruttando il basso budget come elemento creativo e non come limite. L'approccio ibrido (foto, video, testo) apre a molteplici possibilità interpretative e di realizzazione. Analizziamoli singolarmente:

1. Euridice Stream:

  • Logline: Una donna abbandonata dal suo amante, che ora lavora come sex performer, accetta un lavoro simile per poterlo rivedere.

  • Temi: Abbandono, amore, rivendicazione, sfruttamento sessuale, industria del sesso.

  • Potenziale Narrativo: La storia classica di Orfeo ed Euridice viene ribaltata e attualizzata in un contesto crudo e realistico. L'elemento "stream" suggerisce una narrazione frammentata, forse attraverso brevi video, foto rubate, messaggi online, che ricreano il viaggio disperato di Euridice alla ricerca di Orfeo e la sua progressiva discesa nell'industria del sesso. Il ruolo di Persefone come figura materna/manipolatrice aggiunge un ulteriore livello di complessità.

  • Sfide di Realizzazione: La rappresentazione del lavoro nel settore del sex work richiede sensibilità e attenzione, evitando la spettacolarizzazione e la mercificazione del corpo. L'equilibrio tra il dramma personale di Euridice e la critica sociale è fondamentale.

  • Proposta di Sviluppo (Ibrido): Una serie di brevi video girati con stile "found footage" o "mockumentary", intervallati da foto e messaggi di testo che rivelano gradualmente la storia. Potrebbe essere strutturato come un diario online di Euridice, creando un'esperienza immersiva per lo spettatore.

2. Libido Crazia:

  • Logline: In un futuro distopico, lo stupro è diventato un rito di passaggio per le donne, commercializzato e normalizzato dai social media.

  • Temi: Violenza sessuale, controllo sociale, femminilità, body shaming, influenza dei social media, distopie.

  • Potenziale Narrativo: Questa storia offre un'analisi pungente e disturbante della nostra società, estremizzando i meccanismi di pressione sociale e di mercificazione del corpo femminile. La scelta di agenzie specializzate che "gestiscono" lo stupro crea un paradosso inquietante, mettendo in luce l'ipocrisia e la perversione della normalizzazione della violenza.

  • Sfide di Realizzazione: Il tema delicato richiede una gestione responsabile e un approccio etico, evitando la banalizzazione o la giustificazione dello stupro. La rappresentazione della violenza deve essere simbolica e suggestiva, piuttosto che esplicita, per mantenere l'impatto emotivo senza cadere nel gratuitous.

  • Proposta di Sviluppo (Ibrido): Un cortometraggio sperimentale, con immagini stilizzate e oniriche che riflettano il carattere distopico della storia. L'uso di elementi visivi forti, come immagini di social media manipolate e foto ritoccate, può sottolineare la distorsione della realtà. Il testo potrebbe essere integrato attraverso voice-over, interviste immaginarie o post sui social media.

3. Farmaco Sofia:

  • Logline: Una giovane donna somministra ormoni maschili alla madre per realizzare il suo desiderio inespresso di avere un padre.

  • Temi: Complesso di Edipo, relazione madre-figlia, identità di genere, manipolazione, desiderio di paternità.

  • Potenziale Narrativo: La storia esplora le dinamiche complesse di una relazione madre-figlia, focalizzandosi sulla mancanza di un padre e sulla sua idealizzazione. La scelta di manipolare la madre attraverso gli ormoni introduce un elemento di controllo e di abuso sottile, sollevando questioni etiche e psicologiche.

  • Sfide di Realizzazione: La rappresentazione del cambiamento fisico della madre deve essere gestita con sensibilità, evitando rappresentazioni stereotipate o medicalmente imprecise. L'equilibrio tra il dramma personale di Celeste e l'esplorazione dei temi più ampi è essenziale.

  • Proposta di Sviluppo (Ibrido): Un progetto fotografico con immagini che documentino il processo di trasformazione della madre, accompagnate da un diario scritto da Celeste. Video brevi potrebbero catturare momenti significativi della relazione, creando un collage visivo ed emotivo che riflette il disagio e la complessità della situazione.

Considerazioni Finali:

I tre progetti, pur diversi nel tema, condividono un approccio audace e sperimentale. La scelta di un formato ibrido e la rinuncia a un compenso testimoniano la volontà di dare priorità all'espressione artistica e alla libertà creativa. La riuscita dei progetti dipenderà dalla capacità di bilanciare la sperimentazione formale con una narrazione solida e coinvolgente, affrontando temi delicati con sensibilità e responsabilità. La collaborazione tra Giorgio Viali e Minuscola Pro si presenta come un'occasione interessante per esplorare nuove frontiere nella produzione indipendente di cortometraggi e opere multimediali.

FARMACO

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FARMACO SOFIA

TESTO IBRIDO: GIORGIO VIALI AUTORE IDEA: GIORGIO VIALI DATA: 17 FEBBRAIO 2025 MEDIAGRAMMI, MINUSCOLA PRO, CONTRO MEDIA

Farmaco Sofia Celeste è una laureanda rimasta orfana di padre da piccola. Vive ossessivamente questa mancanza paterna. Decide così di somministrare ormoni maschili alla madre Agata per farla diventare l'uomo che non ha mai avuto. Con l'aiuto di un'amica medica, Celeste inizia a far assumere gli ormoni alla madre, che nel giro di 10-12 mesi sviluppa il desiderio di diventare uomo.

Titolo: "Farmaco Sofia"

Scena 1: Festa di Laurea

Location: Un ampio salone di un’università, decorato con palloncini e striscioni. Tavoli ricoperti di cibo e bevande, studenti che chiacchierano e festeggiano. L’atmosfera è di gioia e festa.

Abbigliamento: Celeste (25 anni) indossa un elegante abito nero, abbinato a scarpe con tacco. I suoi capelli sono raccolti in una coda di cavallo. La sua amica laureanda, Giulia, indossa un vestito colorato e ha un cappello di laurea in testa. I genitori di Giulia sono vestiti in modo formale.

Dialoghi:

Giulia: (abbracciando il padre) Papà, non riesco a credere che ce l’abbiamo fatta!

Padre di Giulia: (con un sorriso orgoglioso) Sei stata fantastica, tesoro. Non avrei mai immaginato che saresti diventata così brava!

Celeste osserva l'abbraccio, con un'espressione di malinconia sul volto. Si allontana leggermente, prendendo un bicchiere di champagne.

Celeste: (parlando a se stessa) E io? Che ne sarà di me?


Scena 2: Dialogo tra Celeste e l’amica medica

Location: Un caffè tranquillo, con luci soffuse e un’atmosfera intima. Tavolo in legno, tazze di caffè fumanti.

Abbigliamento: Celeste è ancora in abito da sera, mentre l’amica medica, Marta (28 anni), indossa un camice sopra un top semplice e jeans.

Dialoghi:

Celeste: (in tono serio) Marta, ho bisogno del tuo aiuto. Non so come dirlo.

Marta: (guardandola preoccupata) Celeste, cosa c’è che non va?

Celeste: (battendo nervosamente le dita sul tavolo) Ho pensato a una... soluzione. Riguarda mia madre.

Marta: (curiosa) La tua mamma? Che cosa vuoi fare?

Celeste: (con voce tremante) Vorrei somministrarle ormoni maschili. Voglio che diventi l’uomo che mi manca.

Marta: (sorpresa) Celeste, è una cosa seria! Hai considerato le conseguenze?

Celeste: (decisa) Non posso più vivere in questo modo. Ho bisogno di un padre, di una figura maschile.


Scena 3: Farmacia

Location: Una farmacia piccola e ben fornita, con scaffali pieni di medicinali. Suoni di cassa e conversazioni tra clienti.

Abbigliamento: Celeste indossa un cappotto lungo, cercando di sembrare normale mentre si avvicina al bancone.

Dialoghi:

Celeste: (con tono sicuro) Buongiorno, vorrei acquistare questo farmaco.

Farmacista: (guardando la ricetta) Ha la prescrizione?

Celeste: (mentendo) Sì, è per mia madre. Ha bisogno di questo... per la sua salute.

Farmacista: (facendo una pausa) Va bene, ma ricordi di seguire le indicazioni.

Celeste annuisce, un misto di eccitazione e paura sul suo volto.


Scena 4: Celeste legge la tesi

Location: La camera di Celeste, piena di libri e appunti. Una luce calda illumina la stanza, mentre lei è seduta al tavolo, immersa nella lettura.

Abbigliamento: Celeste è in pigiama, con un maglione largo e calze.

Dialoghi:

Celeste: (leggendo ad alta voce) “In 'Performance', Trevisan esplora l’intimità e la vulnerabilità, mettendo in discussione le relazioni tra genere e desiderio…”

Celeste si ferma, riflettendo. Le parole di Trevisan risuonano nella sua mente.


Scena 5: Somministrazione del gel

Location: La cucina di casa di Celeste, semplice e un po’ disordinata. È sera e la luce è soffusa.

Abbigliamento: Celeste indossa una maglietta e pantaloni comodi. Agata è in vestaglia, stanca dopo una giornata di lavoro.

Dialoghi:

Celeste: (con un sorriso forzato) Mamma, ecco il tuo gel. È importante per la tua salute.

Agata: (sospettosa) Ma perché mi hai cambiato la crema? Non era sufficiente?

Celeste: (cercando di rassicurarla) È solo un miglioramento. Fidati di me.

Agata annuisce, mentre Celeste applica il gel, il suo cuore batte forte.


Scena 6: Sei mesi dopo

Location: Un parco, alberi in fiore e persone che passeggiano. Una panchina solitaria.

Abbigliamento: Celeste, ora in abito da laurea, è visibilmente più sicura. Agata, con un aspetto diverso, indossa abiti maschili.

Dialoghi:

Celeste: (felice) Mamma, ho appena finito la mia laurea!

Agata: (con voce profonda) Congratulazioni, Celeste. Sono fiera di te.

Celeste: (sorridendo) È come se avessimo finalmente trovato la nostra strada, vero?

Agata: (sorridendo debolmente) Sì… ma ho bisogno di capire chi sono veramente.

Celeste si ferma, il sorriso svanisce, rendendosi conto della portata della trasformazione della madre.

Farmaco Sofia

1. Sviluppo dei Personaggi

  • Celeste: Esplora profondamente il suo mondo interiore. Rappresenta i suoi conflitti, le insicurezze e il desiderio di avere una figura paterna. Mostra come la sua passione per la letteratura e per Trevisan influisca sulla sua vita e sulle sue decisioni.
  • Agata: Delinea la figura di Agata non solo come madre, ma anche come donna con una sua storia, sogni e desideri. Cosa ha perso con la partenza del marito? Come affronta la sua maternità?
  • Amica Medica: Sviluppa questo personaggio come una figura di supporto ma anche di sfida, che potrebbe mettere in discussione le decisioni di Celeste. Che tipo di relazione ha con Celeste? È un'amica sincera o ha delle ambizioni personali?

2. Struttura del Romanzo

  • Introduzione: Inizia con la scena della festa di laurea per stabilire il contesto e l'atmosfera. Usa questa scena per far emergere il contrasto tra la gioia degli altri e la solitudine di Celeste.
  • Sviluppo: Alterna tra le varie fasi della vita di Celeste, i suoi studi e le interazioni con Agata e l'amica medica. Introduci flashback sulla sua infanzia e sulla figura assente del padre per costruire il suo desiderio e la sua frustrazione.
  • Climax: Costruisci la tensione mentre Agata inizia a cambiare e Celeste si rende conto delle conseguenze delle sue azioni. Puoi mostrare momenti di crisi e conflitto tra madre e figlia.
  • Conclusione: Risolvi le tensioni accumulate. Qual è il risultato della trasformazione di Agata? Come influisce sulla relazione tra madre e figlia? Celeste trova finalmente la figura paterna che desiderava o si rende conto che non può sostituire quello che ha perso?

3. Temi Centrali

  • Identità e Genere: Esplora la fluidità dell’identità di genere attraverso il cambiamento di Agata e le sue implicazioni. Cosa significa essere donna o uomo? Come si definisce la paternità?
  • Relazioni Familiari: Analizza il legame tra Celeste e Agata, mettendo in evidenza le dinamiche di dipendenza, amore e conflitto. Come influiscono le scelte di Celeste sulla loro relazione?
  • Ricerca di Appartenenza: Celeste cerca una figura paterna, ma cosa significa questo per la sua identità? Qual è il suo posto nel mondo?

4. Stile di Scrittura

  • Voce Narrativa: Usa una voce intima e riflessiva per rappresentare i pensieri di Celeste. Potresti includere estratti della sua tesi per fornire un contesto accademico e riflessioni personali.
  • Dialoghi: Scrivi dialoghi che rivelano le complessità delle relazioni. Le conversazioni tra Celeste e Agata dovrebbero essere cariche di tensione, mentre quelle tra Celeste e l'amica medica possono rivelare opinioni contrastanti.
  • Atmosfera: Crea atmosfere che riflettano gli stati d'animo dei personaggi. Usa dettagli sensoriali per rendere le scene più vive e coinvolgenti.

5. Ricerca e Riferimenti

  • Vitaliano Trevisan: Assicurati di fare ricerche approfondite su Trevisan e il suo lavoro, in particolare su come ha trattato il tema delle relazioni. Includi citazioni e riferimenti che possano arricchire la tesi di Celeste.
  • Aspetti Medici: Se la trama coinvolge ormoni e cambiamenti di genere, informati su questi aspetti per trattarli in modo accurato e sensibile.

6. Elementi di Suspense e Conflitto

  • Introduci elementi di suspense riguardo alla scoperta da parte di Agata delle sostanze somministrate. Quali saranno le conseguenze?
  • Crea conflitti interiori in Celeste. Si sente in colpa per ciò che sta facendo? Riconosce la gravità delle sue azioni?

FARMACO SOFIA

TESTO IBRIDO: GIORGIO VIALI AUTORE IDEA: GIORGIO VIALI DATA: 17 FEBBRAIO 2025 MEDIAGRAMMI, MINUSCOLA PRO, CONTRO MEDIA


Presentazione del Progetto di Giorgio Viali

Il progetto di Giorgio Viali, si delinea come un'affascinante esplorazione ibrida che mescola fotografia, video e post sui social media per narrare una storia complessa e profonda, centrata sulla figura di Celeste, una giovane laureanda in letteratura. Attraverso questo progetto, Viali intende affrontare temi di identità, relazione familiare e la ricerca di una figura paterna in un contesto contemporaneo, utilizzando una narrazione visiva e interattiva.

La protagonista, Celeste, è una studentessa che sta completando la sua tesi su Vitaliano Trevisan, un autore che ha saputo esplorare le sfumature delle relazioni umane, in modo particolare il rapporto tra uomini e donne. Celeste vive con sua madre, Agata, una donna di 40 anni, la cui presenza ha segnato profondamente la vita della ragazza. Il padre di Celeste è assente da quando lei era piccolissima, un'assenza che ha generato in lei un senso di vuoto e un desiderio profondo di stabilire un legame maschile che possa compensare la mancanza paterna.

Il progetto inizia con una scena carica di emozioni: una festa di laurea in cui una studentessa amica di Celeste celebra il suo traguardo. L'abbraccio tra la studentessa e suo padre rappresenta un momento di felicità familiare che amplifica il senso di solitudine di Celeste. Da qui, la narrazione si sposta su un dialogo tra Celeste e la sua amica, una giovane medico che diventa la confidente e il supporto di Celeste nella sua audace scelta. L’amica sta compilando una ricetta medica, un gesto che segna l'inizio di un percorso inaspettato.

La farmacia diventa il palcoscenico di un atto di coraggio e ribellione: Celeste acquista farmaci ormonali con l'intento di trasformare la figura materna in un potenziale padre. Questo gesto, carico di ambivalenza emotiva, rappresenta il tentativo di Celeste di affrontare il suo dolore e di ricreare una figura paterna che possa offrirle una guida e un confronto.

La narrazione si intreccia con la ricerca accademica di Celeste, che si immerge nei testi di Vitaliano Trevisan, in particolare nel suo libro "Performance", un diario che documenta le esperienze e le relazioni sessuali dell'autore. Questo testo diventa per Celeste una fonte di riflessione e ispirazione, poiché la giovane esplora le dinamiche di genere e le relazioni, cercando di capire il suo posto nel mondo.

Man mano che il tempo passa, Celeste inizia a somministrare di nascosto ormoni alla madre, applicando un gel quotidianamente. Questa decisione radicale porta a conseguenze inaspettate e profonde. Dopo sei mesi, la situazione si complica ulteriormente: Celeste si laurea, ma la madre, Agata, inizia a vivere una crisi di personalità e si trova sull'orlo di una decisione che potrebbe cambiare per sempre le loro vite.

"Celeste e la Ricerca di un Padre" non è solo un progetto artistico, ma un viaggio emotivo che invita il pubblico a riflettere sulla complessità delle relazioni familiari e sull'identità di genere. Attraverso una combinazione di linguaggi espressivi, Viali riesce a catturare le tensioni e le speranze di una giovane donna in cerca di un legame che possa colmare il vuoto lasciato da un padre assente.

Il progetto si prefigge di stimolare una discussione sulle norme di genere, sulle aspettative familiari e sulle sfide che molti giovani affrontano nella loro crescita. Con una narrazione potente e visivamente stimolante, "Celeste e la Ricerca di un Padre" si propone di diventare un punto di riferimento per le nuove generazioni e un'opportunità per esplorare le dinamiche familiari in modo innovativo e provocatorio.

WORKS

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WORKS DI GIORGIO VIALI

PERFORMANCE IBRIDA

DATA: 13/02/2025

Titolo: "Works"

Genere: Drammatico

Location: Uno spogliatoio di una palestra di boxe, con specchi appannati, sacchi da boxe appesi e luci fluorescenti. Due panche in legno ai lati, una borsa da pugile a terra e poster di pugili famosi alle pareti.

Costumi: La protagonista indossa pantaloncini corti e un top da boxe, entrambi di un colore scuro, per contrastare con i guantoni da boxe rosa. I capelli sono raccolti in una coda di cavallo. Il trucco è minimale, con un accenno di rossetto rosa. La regista indossa un abbigliamento casual, jeans e una t-shirt, con una giacca leggera. L'altra attrice ha un look sportivo, ma più sobrio, con pantaloni lunghi e una maglietta a maniche lunghe.

PRIMO ATTO: MONOLOGO DELL'ATTRICE

(La scena si apre con l'attrice seduta su una panca, le gambe accavallate. I guantoni da boxe rosa sono appoggiati sulle ginocchia. Ha uno sguardo intenso, riflettendo su ciò che sta per dire.)

Attrice: (Parlando a se stessa, con un tono di frustrazione.) "Che cosa ci faccio qui? Non è forse il caso che me ne vada? La regista non capisce… Quella battuta… è tutto! (Si alza in piedi, inizia a muoversi nervosamente, gesticolando.) È come se stessimo per affrontare un incontro, e io so che, se cambio quel colpo, posso vincere. Ma lei… lei vuole che segua il copione come se fosse una legge. E io… io non posso.

(Si ferma, guarda il pubblico con occhi pieni di determinazione.) Respira. Respira… Da quanto tempo non lavoro? Non posso permettermi di abbandonare questo spettacolo. Ma che senso ha prendere in giro qualcuno che si è sempre preso troppo sul serio? (Pausa, si lascia andare, si appoggia alla panca.)

Misogeno, maschilista, sessista… Vitaliano Trevisan ha lottato con tutto ciò. Non è solo un autore, è un pugile della parola, uno che ha sempre combattuto contro il degrado e la superficialità. E io… io sono qui, in pantaloncini corti e guantoni rosa. (Ride amaramente, si guarda intorno come se cercasse un senso.)

(Fa un passo verso il pubblico, con un tono più appassionato.) L'arte deve essere sovversiva! Non può diventare mainstream! Se non ci battiamo per le parole, cosa rimane? Un corpo a corpo con il linguaggio, con il senso stesso di ciò che facciamo.

(Riprende a muoversi come se fosse in un incontro di boxe, colpendo l'aria con i guantoni.) Ogni colpo, ogni frase, deve avere un peso. Non voglio essere legata a un copione che non sento. Non voglio essere ingabbiata "con un fottuto cappio intorno al collo". (Si ferma, guarda verso l'alto, come se cercasse una risposta.)

SECONDO ATTO: DIALOGO TRA L'ATTRICE E LA REGISTA

(La regista entra, con un'aria decisa. L'attrice è ancora in piedi, i guantoni da boxe in mano.)

Regista: "Sei pronta per la prova? Dobbiamo rispettare il testo, è fondamentale per il messaggio che vogliamo trasmettere."

Attrice: (Con tono infervorato.) "Ma non lo capisci? Quella battuta cambia tutto! È come se togliessimo il cuore a quello che abbiamo costruito. È tutto così superficiale!"

Regista: (Calma, ma ferma.) "Celeste Malfatta ha scritto questo testo per un motivo. Ogni parola è lì per una ragione. Non possiamo cambiarlo."

Attrice: (Gesticolando, la frustrazione cresce.) "Ma il messaggio… il messaggio! Deve essere sovversivo! Non voglio che diventi qualunquista!"

Regista: (Con sguardo penetrante.) "Non è tuo compito decidere il valore del testo. Dobbiamo fidarci della scrittura. Questo è il nostro lavoro."

(L'attrice si ferma, cerca di prendere fiato, si siede sulla panca.)

Attrice: (Sussurrando.) "Magari ha ragione, ma non posso ignorare ciò che sento. Ho bisogno di lottare per questa voce…"

TERZO ATTO: IN SCENA CON UN'ALTRA ATTRICE

(Entrano l'altra attrice e la protagonista. L'atmosfera è tesa, entrambe si guardano con attenzione.)

Altra Attrice: (Scherzando, cercando di alleggerire l'atmosfera.) "Sei pronta per il tuo incontro? Sembra che tu stia per salire sul ring!"

Attrice: (Sorridendo, ma con un velo di tristezza.) "Sì, ma il mio avversario è più grande di quanto pensassi. Le parole… il senso di ciò che facciamo."

Altra Attrice: (Sincera, appoggiandosi alla panca.) "Non è facile. Ma siamo qui per questo, per combattere, per essere voci in un mondo che spesso non ascolta."

(Le due si guardano, condividendo un momento di comprensione profonda.)

Attrice: (Con determinazione.) "Allora facciamolo. Facciamo in modo che le nostre voci risuonino! Non possiamo permettere che questo diventi un gioco da ragazzi."

(Entrambe si preparano, pronte per affrontare il pubblico con la loro verità, mentre la luce si affievolisce lentamente.)

FINE

WORKS DI GIORGIO VIALI

PERFORMANCE IBRIDA

SCRITTO PER SUSANNA RE

DATA: 13/02/2025

WORKS

Vitaliano Trevisan era uno scrittore di una lucidità incisiva e di un’ironia che non provocava semplici sorrisi, ma piuttosto risate taglienti. Era un osservatore acuto della realtà, che descriveva con una precisione maniacale e beffarda. Il suo approccio al racconto del quotidiano si rivelava un potente strumento per non lasciarsi sopraffare dalla banalità della vita. Non si rassegnava a rendere accettabili le sofferenze che tormentano mente, cuore e anima.

Sei anni fa, il suo romanzo "Works" è passato quasi inosservato, come una meteora brillante nel panorama culturale italiano. Einaudi ha deciso di ripubblicarlo, in omaggio alla memoria di Trevisan, arricchendolo con un testo inedito, "Dove tutto ebbe inizio", che si presenta come un’analisi spietata e cristallina della nostra epoca e delle esperienze che abbiamo vissuto. È un contributo letterario di straordinaria forza da parte di un intellettuale italiano.

"Works" continua a sorprendere ed emozionare, anche dopo letture ripetute. È una fonte inesauribile di storie che catturano con precisione implacabile la vita di un giovane uomo. Un ragazzo di provincia che intraprende la scrittura mentre affronta il mondo del lavoro.

Il protagonista, alter ego di Vitaliano Trevisan, si sposta da un cantiere all’altro, attraversando un panorama di attività produttive. Dalla fatica con la malta alla creazione di disegni per mobili, il suo viaggio porta alla luce un Veneto dove il lavoro è una vera e propria religione. Qui, guadagnare denaro è paragonato a recitare preghiere in chiesa e la diffusione della droga è tollerata, purché non interferisca con l’obbligo di essere puntuali e di mantenere le apparenze.

Pochissimi romanzi italiani hanno la potenza dirompente di "Works". Trevisan affronta senza timori le ipocrisie e le falsità di una società che non riesce a liberarsene. Il suo alter ego è coinvolto nel consumo e nello spaccio di droga, e Trevisan non esita a sostenere che prostituirsi può essere un lavoro come un altro, se scelto liberamente. Non si tira indietro nemmeno quando sottolinea che gli incidenti sul lavoro non sono semplicemente sfortunati, ma sono il risultato di un sistema che costringe le persone a vivere nel rischio quotidiano.

In "Works", il lavoro diventa una condanna per l’uomo, un fardello da sopportare qui e ora, senza alcuna certezza di una vita oltre questa. Tuttavia, trovare un’occupazione e guadagnare è anche un obbligo, per non essere emarginati dalla comunità e per non trasformarsi in un’entità invisibile.

Attraverso una vita segnata da lavoro, sogni infranti, delusioni e tradimenti, Trevisan rifiuta ogni forma di opportunismo e non sceglie mai la via del quieto vivere. In "Works", critica apertamente intellettuali e scrittori, rivelando che la sua scrittura è stata guidata da un profondo senso di malinconia e solitudine.

Il Veneto di "Works" è lontano dalle commedie di Goldoni; nelle parole di Trevisan, diventa un baratro umano, devastato dall’industrializzazione e dalla ricerca del profitto, che ha distrutto la politica e desertificato i rapporti sociali.

Forse l’aspetto più inquietante e affascinante del libro è che Trevisan non offre mai consolazione ai suoi lettori. Per quasi 700 pagine, non cede mai alla tentazione di alleggerire il peso di un mondo che ha osservato da vicino, fino a giungere al punto di non farcela più.

Vitaliano Trevisan, scrittore dalla lucidità feroce e dall'ironia tagliente, non concedeva sorrisetti compiaciuti, ma stimolava feroci ghignate. Osservatore implacabile della realtà, la descriveva con maniacale e beffarda precisione, usando il racconto minuzioso del vivere per evitare la palude della quotidianità. Rifiutava la facile condivisione di ciò che strazia mente, cuore, anima e viscere.

Sei anni dopo la sua apparizione come meteora sottovalutata nel panorama culturale italiano, Einaudi ripropone "Works" (696 pagine, 22 euro), in seguito alla scomparsa dell'autore. All'opera si aggiunge un testo inedito, "Dove tutto ebbe inizio", il più spietato e limpido affondo sulla realtà italiana mai scritto da un intellettuale.

"Works" è un libro che non smette di sorprendere, emozionare e stupire, anche a ripetute letture. È una miniera inesauribile di storie sulla vita di un giovane che si avvicina al mondo del lavoro in una provincia veneta, alter ego dello stesso Trevisan. Dal cantiere agli uffici, dal lavoro manuale alla progettazione asettica, il protagonista svela un Veneto in cui il lavoro è religione, il guadagno una liturgia, e la droga un'abitudine tollerata, purché non interferisca con la puntualità e il buon decoro pubblico.

"Works" possiede una forza dirompente, smaschera ipocrisie e falsità sociali senza tentennamenti. Trevisan affronta senza reticenze il consumo e lo spaccio di droga, la prostituzione come lavoro scelto liberamente, e la tragica realtà degli incidenti sul lavoro, non come sfortuna, ma come conseguenza di un sistema che costringe gli individui a condizioni pericolose.

Il lavoro in "Works" è una condanna terrena, un obbligo fisico e metafisico per non finire ai margini. Attraverso una vita scandita da lavoro, sogni infranti, amicizie tradite e delusioni, Trevisan non cede all'opportunismo né al quieto vivere. Nomina intellettuali e scrittori, confessando che la sua scrittura nasce dalla melanconia, dallo straniamento e dalla solitudine: "Disperazione, è per questo che scrivo".

Il Veneto di Trevisan è lontano dalle commedie goldoniane: un baratro umano devastato dall'industrializzazione, dove la politica è corrotta, i rapporti sociali desertificati, il territorio umiliato. L'aspetto più inquietante e bello del libro è la totale assenza di consolazione: per quasi 700 pagine, Trevisan non concede sconti a un mondo che ha osservato troppo da vicino, fino a non poterne più.

WORKS

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WORKS DI GIORGIO VIALI

PERFORMANCE IBRIDA

SCRITTO PER CELESTE DALLA PORTA

DATA: 13/02/2025

Works: Sceneggiatura

Personaggi:

  • IRIS (20 anni): Giovane attrice, energica e idealista.
  • REGISTA (40 anni): Professionista affermata, pragmatica e leggermente distaccata.
  • ATTORE (30 anni): Partecipa al terzo atto, ruolo secondario ma importante.

Atto I: Spogliatoio - Monologo

Location: Spogliatoio teatrale spartano. Sedie di metallo pieghevoli, specchi appannati, un angolo con vestiti stropicciati. Illuminazione fioca, soffusa.

Costumi: Iris indossa pantaloncini da boxe corti e un top attillato, entrambi neri. I guantoni da boxe sono rosa shocking. I capelli sono raccolti in una coda alta disordinata.

(Iris è seduta su una sedia, i guantoni appoggiati sulle ginocchia. È visibilmente agitata, si massaggia le tempie. Respira affannosamente.)

IRIS: (a voce bassa) "Lavoro... lavoro... Lavoro dignitoso... prospettive..." Ma che cazzo di lavoro è questo? Questa frase... questa fottuta frase che mi fa vomitare. "Lavoro dignitoso, prospettive di carriera..." Suona come un'ipocrisia gigantesca! È questo che voleva Trevisan? Questo qualunquismo? Questo mainstream nauseabondo? Lui, che si è sbattuto contro un muro di cemento tutta la vita, che ha lottato per strappare un po' di dignità a questa terra di merda... Lui che ha vissuto la precarietà, la disperazione, l'alienazione nel midollo osseo... Questa frase non rende giustizia al suo dolore, alla sua rabbia, alla sua verità nuda e cruda!

(Si alza di scatto, cammina nervosamente nello spogliatoio, colpendo con i guantoni una sedia.)

IRIS: Ho parlato con la regista, gliel'ho spiegato. Le ho detto che dobbiamo cambiare qualcosa, rendere più tagliente, più... sovversiva la frase. Ma lei non vuole sentire ragioni. "Il testo è sacro", ha detto. "Rispetta il lavoro dell'autore". Ma che cazzo di rispetto è questo? Questo non è rispetto, è una profanazione! È come se imbalsamassimo Trevisan, lo esponessimo in una teca di vetro, anziché dare voce alla sua rivoluzione!

(Si siede di nuovo, il volto contratto dalla frustrazione. Si guarda le mani, poi i guantoni rosa.)

IRIS: Che senso hanno questi guantoni rosa? Che cazzo ci faccio qui? In pantaloncini e top, come se dovessi fare una pubblicità di leggings sportivi? È una presa in giro, una parodia! È come se volessimo rendere leggero, carino, accettabile il suo grido di dolore. È un affronto alla sua memoria, un tradimento della sua eredità. Me ne vado. Sì, me ne vado.

(Si alza di nuovo, ma esita. Respira profondamente, cercando di calmarsi.)

IRIS: Respira. Respira... Da quanto tempo non lavoro? Sei mesi? Un anno? Non posso permettermi di perdere questo lavoro. Non posso... Ma forse... forse c'è qualcosa di giusto in questa parodia. Forse mi pare giusto prenderlo in giro, un po'. Prendere in giro qualcuno che si è sempre preso troppo sul serio. Quel corpo a corpo continuo con se stesso, con le parole, con il linguaggio. Quel maschilista, misogeno, sessista... sempre in lotta, fino all'ultimo respiro. Un uomo seppellito in un piccolo paese sconosciuto, perché nessun altro cimitero lo voleva.

(Iris rimane immobile, persa nei suoi pensieri, la luce si spegne gradualmente.)

Atto II: Spogliatoio - Dialogo

(Illuminazione più chiara. Iris e la Regista sono nello spogliatoio. La Regista porta un caffè in una tazza usa e getta.)

REGISTA: Iris, possiamo parlare? Sono preoccupata. Sembri agitata.

IRIS: Agitata? Sono infuriata! Questa frase, "Lavoro dignitoso, prospettive di carriera..." è un insulto al testo di Trevisan! È uno stupro della sua intenzione!

REGISTA: Iris, capisco la tua passione, ma è il testo che abbiamo, il testo che è stato scelto. Sono le parole di Trevisan, anche se potrebbero non corrispondere pienamente alla tua interpretazione.

IRIS: Ma è una scelta che banalizza tutto, che rende il messaggio inoffensivo! È la versione edulcorata, la versione per il pubblico di massa.

REGISTA: Il pubblico di massa è quello che abbiamo. Dobbiamo raggiungere il pubblico. Dobbiamo rendere lo spettacolo accessibile.

IRIS: No! Dobbiamo mantenere l'autenticità, la crudezza, il dolore di Trevisan! Dobbiamo scuotere le coscienze, non addormentarle!

REGISTA: Non stiamo parlando di censure, cara Iris. Stiamo parlando di scelte interpretative. E la mia interpretazione è questa.

IRIS: È una scelta che mi fa schifo! Che ci fa diventare degli ipocriti!

REGISTA: (con calma) Iris, hai talento, lo so. Ma a volte devi saper accettare le decisioni artistiche. Questo è un lavoro di squadra.

IRIS: Lavoro di squadra? Ma si tratta della memoria di un grande scrittore, di un uomo che ha dedicato la vita ad urlare la verità! Non è un gioco!

(La Regista sospira, si avvicina a Iris.)

REGISTA: Io lo rispetto, Iris, lo rispetto profondamente. Ma devo anche considerare l'aspetto pratico dello spettacolo.

(La Regista si allontana, lasciando Iris sola con i suoi pensieri. Luce si abbassa gradualmente.)

Atto III: Scena - Dialogo/Azione

(La scena è un palco spoglio, illuminato con luci fredde. Iris è sul palco, indossa ancora i guantoni rosa. L’Attore, vestito con abiti semplici, sta seduto su una sedia. La scena riprende l’azione del primo atto.)

(Iris inizia il monologo, ma questa volta la sua recitazione è diversa. Non è più solo rabbia, ma anche una malinconia profonda. Si nota un'accettazione forzata, ma non priva di sarcasmo.)

IRIS: (Recitando, ma con un tono diverso) "Lavoro dignitoso... prospettive di carriera..." (Ride amaro) Sì, certo. Lavoro dignitoso. Prosperità. E poi...? La tomba? Lo stesso destino di quel corpo spezzato, ridotto a cenere da questa stessa società? Un destino che non lo ha mai desiderato ma che lo ha abbracciato come unico lenitivo al dolore.

(L'Attore la guarda, un'espressione di comprensione sul suo volto. L’azione si conclude con Iris che toglie un guantone e lo lancia a terra con rabbia, per poi sedersi accanto all’Attore in silenzio. Si guarda intorno con un’espressione che coniuga sconfitta e malinconia. Luci si spengono.)

Nota: La scena finale può essere interpretata in diversi modi, a seconda della scelta registica. L'accettazione della situazione, la ribellione silenziosa, o la continua lotta interna. La scelta dei costumi e della scenografia deve riflettere questo continuo equilibrio sul filo del rasoio.


Titolo: "Works"

Genere: Drammatico

Location: Uno spogliatoio di una palestra di boxe, con specchi appannati, sacchi da boxe appesi e luci fluorescenti. Due panche in legno ai lati, una borsa da pugile a terra e poster di pugili famosi alle pareti.

Costumi: La protagonista indossa pantaloncini corti e un top da boxe, entrambi di un colore scuro, per contrastare con i guantoni da boxe rosa. I capelli sono raccolti in una coda di cavallo. Il trucco è minimale, con un accenno di rossetto rosa. La regista indossa un abbigliamento casual, jeans e una t-shirt, con una giacca leggera. L'altra attrice ha un look sportivo, ma più sobrio, con pantaloni lunghi e una maglietta a maniche lunghe.


PRIMO ATTO: MONOLOGO DELL'ATTRICE

(La scena si apre con l'attrice seduta su una panca, le gambe accavallate. I guantoni da boxe rosa sono appoggiati sulle ginocchia. Ha uno sguardo intenso, riflettendo su ciò che sta per dire.)

Attrice:
(Parlando a se stessa, con un tono di frustrazione.)
"Che cosa ci faccio qui? Non è forse il caso che me ne vada? La regista non capisce… Quella battuta… è tutto! (Si alza in piedi, inizia a muoversi nervosamente, gesticolando.) È come se stessimo per affrontare un incontro, e io so che, se cambio quel colpo, posso vincere. Ma lei… lei vuole che segua il copione come se fosse una legge. E io… io non posso.

(Si ferma, guarda il pubblico con occhi pieni di determinazione.)
Respira. Respira… Da quanto tempo non lavoro? Non posso permettermi di abbandonare questo spettacolo. Ma che senso ha prendere in giro qualcuno che si è sempre preso troppo sul serio? (Pausa, si lascia andare, si appoggia alla panca.)

Misogeno, maschilista, sessista… Vitaliano Trevisan ha lottato con tutto ciò. Non è solo un autore, è un pugile della parola, uno che ha sempre combattuto contro il degrado e la superficialità. E io… io sono qui, in pantaloncini corti e guantoni rosa. (Ride amaramente, si guarda intorno come se cercasse un senso.)

(Fa un passo verso il pubblico, con un tono più appassionato.)
L'arte deve essere sovversiva! Non può diventare mainstream! Se non ci battiamo per le parole, cosa rimane? Un corpo a corpo con il linguaggio, con il senso stesso di ciò che facciamo.

(Riprende a muoversi come se fosse in un incontro di boxe, colpendo l'aria con i guantoni.)
Ogni colpo, ogni frase, deve avere un peso. Non voglio essere legata a un copione che non sento. Non voglio essere ingabbiata "con un fottuto cappio intorno al collo". (Si ferma, guarda verso l'alto, come se cercasse una risposta.)


SECONDO ATTO: DIALOGO TRA L'ATTRICE E LA REGISTA

(La regista entra, con un'aria decisa. L'attrice è ancora in piedi, i guantoni da boxe in mano.)

Regista:
"Sei pronta per la prova? Dobbiamo rispettare il testo, è fondamentale per il messaggio che vogliamo trasmettere."

Attrice:
(Con tono infervorato.)
"Ma non lo capisci? Quella battuta cambia tutto! È come se togliessimo il cuore a quello che abbiamo costruito. È tutto così superficiale!"

Regista:
(Calma, ma ferma.)
"Celeste Malfatta ha scritto questo testo per un motivo. Ogni parola è lì per una ragione. Non possiamo cambiarlo."

Attrice:
(Gesticolando, la frustrazione cresce.)
"Ma il messaggio… il messaggio! Deve essere sovversivo! Non voglio che diventi qualunquista!"

Regista:
(Con sguardo penetrante.)
"Non è tuo compito decidere il valore del testo. Dobbiamo fidarci della scrittura. Questo è il nostro lavoro."

(L'attrice si ferma, cerca di prendere fiato, si siede sulla panca.)

Attrice:
(Sussurrando.)
"Magari ha ragione, ma non posso ignorare ciò che sento. Ho bisogno di lottare per questa voce…"


TERZO ATTO: IN SCENA CON UN'ALTRA ATTRICE

(Entrano l'altra attrice e la protagonista. L'atmosfera è tesa, entrambe si guardano con attenzione.)

Altra Attrice:
(Scherzando, cercando di alleggerire l'atmosfera.)
"Sei pronta per il tuo incontro? Sembra che tu stia per salire sul ring!"

Attrice:
(Sorridendo, ma con un velo di tristezza.)
"Sì, ma il mio avversario è più grande di quanto pensassi. Le parole… il senso di ciò che facciamo."

Altra Attrice:
(Sincera, appoggiandosi alla panca.)
"Non è facile. Ma siamo qui per questo, per combattere, per essere voci in un mondo che spesso non ascolta."

(Le due si guardano, condividendo un momento di comprensione profonda.)

Attrice:
(Con determinazione.)
"Allora facciamolo. Facciamo in modo che le nostre voci risuonino! Non possiamo permettere che questo diventi un gioco da ragazzi."

(Entrambe si preparano, pronte per affrontare il pubblico con la loro verità, mentre la luce si affievolisce lentamente.)

FINE


WORKS

Vitaliano Trevisan era uno scrittore di una lucidità incisiva e di un’ironia che non provocava semplici sorrisi, ma piuttosto risate taglienti. Era un osservatore acuto della realtà, che descriveva con una precisione maniacale e beffarda. Il suo approccio al racconto del quotidiano si rivelava un potente strumento per non lasciarsi sopraffare dalla banalità della vita. Non si rassegnava a rendere accettabili le sofferenze che tormentano mente, cuore e anima.

Sei anni fa, il suo romanzo "Works" è passato quasi inosservato, come una meteora brillante nel panorama culturale italiano. Einaudi ha deciso di ripubblicarlo, in omaggio alla memoria di Trevisan, arricchendolo con un testo inedito, "Dove tutto ebbe inizio", che si presenta come un’analisi spietata e cristallina della nostra epoca e delle esperienze che abbiamo vissuto. È un contributo letterario di straordinaria forza da parte di un intellettuale italiano.

"Works" continua a sorprendere ed emozionare, anche dopo letture ripetute. È una fonte inesauribile di storie che catturano con precisione implacabile la vita di un giovane uomo. Un ragazzo di provincia che intraprende la scrittura mentre affronta il mondo del lavoro.

Il protagonista, alter ego di Vitaliano Trevisan, si sposta da un cantiere all’altro, attraversando un panorama di attività produttive. Dalla fatica con la malta alla creazione di disegni per mobili, il suo viaggio porta alla luce un Veneto dove il lavoro è una vera e propria religione. Qui, guadagnare denaro è paragonato a recitare preghiere in chiesa e la diffusione della droga è tollerata, purché non interferisca con l’obbligo di essere puntuali e di mantenere le apparenze.

Pochissimi romanzi italiani hanno la potenza dirompente di "Works". Trevisan affronta senza timori le ipocrisie e le falsità di una società che non riesce a liberarsene. Il suo alter ego è coinvolto nel consumo e nello spaccio di droga, e Trevisan non esita a sostenere che prostituirsi può essere un lavoro come un altro, se scelto liberamente. Non si tira indietro nemmeno quando sottolinea che gli incidenti sul lavoro non sono semplicemente sfortunati, ma sono il risultato di un sistema che costringe le persone a vivere nel rischio quotidiano.

In "Works", il lavoro diventa una condanna per l’uomo, un fardello da sopportare qui e ora, senza alcuna certezza di una vita oltre questa. Tuttavia, trovare un’occupazione e guadagnare è anche un obbligo, per non essere emarginati dalla comunità e per non trasformarsi in un’entità invisibile.

Attraverso una vita segnata da lavoro, sogni infranti, delusioni e tradimenti, Trevisan rifiuta ogni forma di opportunismo e non sceglie mai la via del quieto vivere. In "Works", critica apertamente intellettuali e scrittori, rivelando che la sua scrittura è stata guidata da un profondo senso di malinconia e solitudine.

Il Veneto di "Works" è lontano dalle commedie di Goldoni; nelle parole di Trevisan, diventa un baratro umano, devastato dall’industrializzazione e dalla ricerca del profitto, che ha distrutto la politica e desertificato i rapporti sociali.

Forse l’aspetto più inquietante e affascinante del libro è che Trevisan non offre mai consolazione ai suoi lettori. Per quasi 700 pagine, non cede mai alla tentazione di alleggerire il peso di un mondo che ha osservato da vicino, fino a giungere al punto di non farcela più.

Vitaliano Trevisan, scrittore dalla lucidità feroce e dall'ironia tagliente, non concedeva sorrisetti compiaciuti, ma stimolava feroci ghignate. Osservatore implacabile della realtà, la descriveva con maniacale e beffarda precisione, usando il racconto minuzioso del vivere per evitare la palude della quotidianità. Rifiutava la facile condivisione di ciò che strazia mente, cuore, anima e viscere.

Sei anni dopo la sua apparizione come meteora sottovalutata nel panorama culturale italiano, Einaudi ripropone "Works" (696 pagine, 22 euro), in seguito alla scomparsa dell'autore. All'opera si aggiunge un testo inedito, "Dove tutto ebbe inizio", il più spietato e limpido affondo sulla realtà italiana mai scritto da un intellettuale.

"Works" è un libro che non smette di sorprendere, emozionare e stupire, anche a ripetute letture. È una miniera inesauribile di storie sulla vita di un giovane che si avvicina al mondo del lavoro in una provincia veneta, alter ego dello stesso Trevisan. Dal cantiere agli uffici, dal lavoro manuale alla progettazione asettica, il protagonista svela un Veneto in cui il lavoro è religione, il guadagno una liturgia, e la droga un'abitudine tollerata, purché non interferisca con la puntualità e il buon decoro pubblico.

"Works" possiede una forza dirompente, smaschera ipocrisie e falsità sociali senza tentennamenti. Trevisan affronta senza reticenze il consumo e lo spaccio di droga, la prostituzione come lavoro scelto liberamente, e la tragica realtà degli incidenti sul lavoro, non come sfortuna, ma come conseguenza di un sistema che costringe gli individui a condizioni pericolose.

Il lavoro in "Works" è una condanna terrena, un obbligo fisico e metafisico per non finire ai margini. Attraverso una vita scandita da lavoro, sogni infranti, amicizie tradite e delusioni, Trevisan non cede all'opportunismo né al quieto vivere. Nomina intellettuali e scrittori, confessando che la sua scrittura nasce dalla melanconia, dallo straniamento e dalla solitudine: "Disperazione, è per questo che scrivo".

Il Veneto di Trevisan è lontano dalle commedie goldoniane: un baratro umano devastato dall'industrializzazione, dove la politica è corrotta, i rapporti sociali desertificati, il territorio umiliato. L'aspetto più inquietante e bello del libro è la totale assenza di consolazione: per quasi 700 pagine, Trevisan non concede sconti a un mondo che ha osservato troppo da vicino, fino a non poterne più.

Location:
Un piccolo spogliatoio di un’arena di boxe, con luci al neon che illuminano il posto in modo freddo. Le pareti sono decorate con poster di pugili famosi e frasi motivazionali. Ci sono panche di legno, armadietti metallici e un grande specchio incrinato. Sul pavimento, i segni lasciati da guantoni e scarpe da boxe.

Costumi:
- Attrice: Pantaloncini corti neri, top da boxe rosa scuro e guantoni da boxe rosa. I capelli sono raccolti in una coda alta e il trucco è leggero, ma gli occhi riflettono la sua frustrazione. - Regista: Abbigliamento casual ma elegante, con jeans neri e una maglietta bianca. Ha un atteggiamento assertivo e sicuro di sé.


PRIMO ATTO: Monologo dell'Attrice

(Luce su di lei mentre è seduta su una panca, con le mani appoggiate sulle ginocchia. Sospira profondamente e guarda il pavimento.)

Attrice:
(parla a se stessa, la voce carica di emozione)
"Che cosa ci faccio qui? È come se indossassi una maschera, un costume che non mi appartiene. Guantoni rosa, pantaloncini corti... Eppure, in questo spogliatoio, tra le ombre delle luci al neon, mi sento nuda. Questa battuta... questa dannata battuta! Non posso credere che la regista non veda quanto sia sbagliata. Non è solo una parola, è un concetto. È il cuore dello spettacolo!

(Si alza e comincia a muoversi nervosamente, gesticolando con le mani.)

"Vitaliano Trevisan... lui avrebbe capito. Lui ha lottato contro l'ignoranza, ha sfidato la mediocrità. E io? Mi fanno recitare come se fossi un personaggio da un reality show. Ma io non voglio essere un cliché!

(Fa una pausa, cerca di calmarsi, appoggiando le mani sulle pareti dello spogliatoio.)

"Respira. Respira... Ma come posso? Da quanto tempo non lavoro? Non posso permettermi di abbandonare questo spettacolo, ma è giusto ridicolizzare chi ha combattuto per qualcosa di più?

(Si avvicina allo specchio, si guarda intensamente.)

"Misogeno, maschilista, sessista... Vitaliano era tutto questo, ma era anche un guerriero. Un corpo a corpo continuo con se stesso, con le parole. E io? Posso mai essere all’altezza?"

(Si ferma, si passa una mano tra i capelli e si lascia andare su una panca. Luci che si sfumano.)


SECONDO ATTO: Dialogo tra l'Attrice e la Regista

(La regista entra nello spogliatoio. L’attrice è ancora seduta, le guantoni da boxe appoggiati sulle ginocchia.)

Regista:
(con tono autoritario)
"Perché sembri così tesa? È solo una battuta, e tu la reciterai com'è. Per favore, fidati del mio testo!"

Attrice:
(alza lo sguardo, visibilmente frustrata)
"Ma non funziona! Quella frase è riduttiva! La mia interpretazione deve essere autentica, non posso essere solo una marionetta!"

Regista:
(si avvicina, incrociando le braccia)
"Non è questione di autenticità, ma di rispetto per il lavoro che abbiamo fatto. Trevisan non avrebbe mai permesso che cambiasse il suo testo."

Attrice:
(si alza, cominciando a camminare nervosamente)
"Ma Trevisan ha lottato contro tutto, e ora ci stiamo riducendo a una versione edulcorata di lui! Questo spettacolo deve essere sovversivo, non mainstream!"

Regista:
(con fermezza)
"Il pubblico ha bisogno di un messaggio chiaro. Non possiamo perderci nei dettagli."

Attrice:
(fermandosi di colpo, guardando la regista negli occhi)
"Ma il messaggio non deve essere chiaro a spese della verità. E se non siamo noi a combattere per la verità, chi lo farà?"

(La regista resta in silenzio, visibilmente colpita. L’attrice, respirando profondamente, si volta verso lo specchio.)


TERZO ATTO: Riflessione Finale

(L’attrice è di nuovo seduta, ora con un’aria più calma, ma determinata. La regista è in piedi vicino alla porta.)

Attrice:
(riflettendo ad alta voce)
"È strano come questa lotta possa sembrare tanto personale. Mi sento come se stessi battagliando con me stessa. Ma forse, devo abbracciare questa confusione. Troverò il mio modo di combattere, con le parole e con il corpo.

(Si alza, indossa i guantoni da boxe e si guarda nello specchio con determinazione.)

"Se non posso cambiare il testo, allora cambierò il modo in cui lo recito. Non sarò solo un'attrice in uno spettacolo, ma una guerriera. E questa battaglia, anche se piccola, è la mia."

(La regista la osserva, il suo volto si addolcisce, come se stesse comprendendo la passione dell’attrice.)

Regista:
(con un sorriso)
"Va bene. Proviamo. Mostrami come combatti."

(L'attrice sorride, il suo sguardo è ardente mentre si prepara a combattere non solo con il corpo, ma con le parole. Luci che si abbassano lentamente, lasciando solo il suono del respiro dell’attrice.)


FINE

REVARIETY

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VARIETY - REVARIETY

GIORGIO VIALI

Scena 1: Il Tuffo di Christine

Il film si apre con un primo piano di Christine (Sandy McLeod) di profilo, mentre si prepara a tuffarsi in piscina. La scena è caratterizzata da un'atmosfera di intimità e vulnerabilità, con il suono dell'acqua che schizza che accompagna il movimento fluido di Christine, richiamando alla mente l’iconico tuffo di Kim Novak in "Vertigo". La telecamera la segue mentre si tuffa, nuotando con uno stile che mette in risalto le sue gambe. I colori della scena, pur essendo vividi (cappello giallo, costume rosso e bianco, piscina blu), sono attenuati dalla pellicola granulosa, creando un tono inquietante e voyeuristico. Questo inizio stabilisce un contesto visivo che si discosta dai tradizionali film in Technicolor, suggerendo un accesso a una dimensione cinematografica proibita.

Scena 2: Lo Spogliatoio Femminile

La scena si sposta nello spogliatoio femminile, uno spazio buio e dai colori spenti. Qui, Christine e la sua amica Nan (la fotografa Nan Goldin) discutono di sé stesse e delle loro ambizioni mentre si vestono e svestono. L'atmosfera è intima e riflessiva, contrastando con l'idea di "talk da spogliatoio" associato a battute oscene. Nan esprime la sua conoscenza di un lavoro disponibile, ma dubita che possa interessare a Christine, suggerendo tensioni tra aspirazioni e realtà.

Scena 3: Il Gabinetto di Biglietteria

Christine inizia a lavorare al Variety Theater, dove si siede in un gabinetto di biglietteria. Questa posizione amplifica la sua presenza nei confronti dei clienti, fornendole una certa protezione dal mondo esterno. Christine riflette sulla sua attrattiva per gli uomini, sottolineando come la sua presenza e l'atmosfera del teatro possano invitarli ad entrare. Durante una pausa, incontra Louie (Richard Davidson), un abituale del teatro, che le offre una Coca-Cola, stabilendo un primo contatto tra i due.

Scena 4: L'Incontro con Louie

Christine segue Louie, che le offre una Coca-Cola, ma il loro incontro rappresenta l'inizio di una dinamica complessa. Louie, inizialmente visto come un cacciatore, diventa inconsapevolmente l’oggetto di desiderio di Christine. La sua bellezza e giovinezza la posizionano in un ruolo di seduzione e vulnerabilità, mentre si prepara a intraprendere un viaggio che la porterà attraverso spazi dominati dagli uomini.

Scena 5: Gli Spazi Maschili

Christine esplora vari ambienti tipicamente riservati agli uomini, come il cinema pornografico e il negozio di pornografia. Ogni luogo è carico di tensione e scoperta. Al cinema, Christine si sofferma su scene che attirano la sua attenzione, mentre nel negozio di pornografia si confronta con un cliente molesto, rivelando una sua reazione decisa. Queste esperienze contribuiscono a sviluppare la sua caratterizzazione come una donna che sfida le convenzioni.

Scena 6: Al Mercato del Pesce e allo Yankee Stadium

Christine si trova al Mercato del Pesce Fulton, un luogo controllato dalla mafia. Qui, la sua presenza passa inosservata, suggerendo una sorta di invisibilità e libertà. Più tardi, ella accompagna Louie a uno Yankee Stadium, dove l’atmosfera si fa più romantica. Tuttavia, la serata viene interrotta bruscamente da un'annullamento inatteso di Louie, segnando un cambiamento nel suo viaggio e nell'equilibrio di potere tra i due.

Scena 7: La Trasformazione di Christine

Con la partenza di Louie, Christine inizia un'evoluzione significativa. La sua figura, inizialmente vista come oggetto di desiderio, si trasforma in quella di una cacciatrice. Questo passaggio da segugio a cacciatore segna un importante sviluppo del suo personaggio, riflettendo la complessità delle dinamiche di genere e il potere dell'immagine nel cinema, come sostenuto dalle teorie di Mulvey e Bazin. La narrazione coinvolge lo spettatore, invitandolo a diventare parte di questa esplorazione del desiderio e della scoperta personale.

VARIETY

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REMAKE DI VARIETY - 2025

E' in corso la definizione della produzione di un Remake del film "Variety" Sceneggiatura e Regia affidati a: Giorgio Viali. Produzione: Minuscola Produzione

Variety

Prodotto da Renee Shafransky; diretto da Bette Gordon; scritto da Kathy Acker, basato su una storia originale di Bette Gordon; fotografia di Tom DiCillo e John Foster; scenografie di Elyse Goldberg; montaggio di Ila von Hasperg; musica di John Lurie; con Sandy McLeod, Will Patton, Richard M. Davidson, Luis Guzmán, Nan Goldin, Cookie Mueller, Spalding Gray. Blu-ray e DVD, colore, 100 min., 1983. Un film distribuito da Kino Lorber.

La regista Bette Gordon ama osservare. Questa pulsione la portò di fronte al teatro Variety Photoplay più di quarant'anni fa, attirata dalle luci al neon del cartellone. Gordon si fece strada nel proiettore e fu affascinata, non solo dai corpi contorti e esposti sullo schermo (poiché all'epoca si trattava di un cinema pornografico), ma anche dal pubblico che guardava. Così coinvolta da questi strati di osservazione, decise di ampliare e approfondire questa sensazione con un film narrativo a tutti gli effetti, il suo debutto da lungometraggio, Variety (1983).

È rivoluzionario per una donna guardare? Probabilmente no, ma nel contesto e nei testi del cinema, è sicuramente audace e sovversivo. Camminando lungo i sentieri letterali e figurativi del film noir e del suspense alla Hitchcock, Variety di Gordon si svolge in un angolo trasandato nel centro di New York—un Times Square pre-Giuliani (anche se il vero teatro Variety Photoplay si trovava sulla Terza Avenue nel East Village di New York)—e segue una attraente cassiera bionda di un cinema pornografico la cui curiosità per un abituale frequentatore del teatro si trasforma in ossessione per i suoi intrighi torbidi e possibilmente connessi alla criminalità organizzata.

Il film inizia con un primo piano di Christine (Sandy McLeod) di profilo, mentre si prepara a tuffarsi in una piscina e, per estensione, a immergersi nella storia del film. Iniziando dalla straordinaria somiglianza del movimento di profilo e poi girato di Christine con quello iconico di Kim Novak in Vertigo (1958), Gordon apre sulla fisicità di Christine con i suoni dell'acqua che schizzi, piuttosto che con una colonna sonora pomposa di Bernard Hermann. La telecamera segue il tuffo di Christine, che nuota in uno stile dorso allungato, per poi soffermarsi sulle sue gambe, impostando un tono visivo inquietante e voyeuristico. Piuttosto che trasformarsi in una vetrina in Technicolor in stile Esther Williams, i colori primari (cappello da bagno giallo, costume da bagno rosso e bianco, e piscina blu clorata) sono attenuati dalla pellicola granulosa e dagli ambienti comuni, o, a seconda delle preferenze estetiche, forse anche messi in risalto. Nel saggio caratteristicamente eccellente di Amy Taubin, che accompagna il Blu-ray della Kino Lorber, descrive questa immagine e apertura “come un accesso a una zona cinematografica proibita”.

Christine, scrittrice in erba e disoccupata, trova lavoro al Variety Theater.

Passiamo al spogliatoio femminile, uno spazio cupo e dai colori spenti riservato alle donne. Mentre il "talk da spogliatoio" è diventato sinonimo di battute oscene, almeno per gli uomini, Christine e la sua amica Nan (la fotografa Nan Goldin) discutono di sé stesse e del lavoro in vari stadi di (dis)vestizione, con Nan che commenta di conoscere un lavoro ma non pensare che a Christine piacerebbe.

Seguendo il pensiero di Laura Mulvey e la linea teorica di André Bazin, Gordon è stata e rimane una forte sostenitrice del piacere che si trae dal cinema e del potere dell'immagine. Inquadrando la protagonista di Variety come oggetto e soggetto (interpretata da una McLeod capace di proiettarsi), Gordon invita lo spettatore a diventare voyeur sia nel guardarla sia nel guardare insieme a lei, raggiungendo un piano narrativo precedentemente limitato nel cinema dalla tipica traiettoria del desiderio riassunta nella frase di Mulvey “Donna come Immagine, Uomo come Portatore dello Sguardo”. In questo modo, Variety accoglie il pubblico e lo implica, se non lo rende completamente complice, nella narrazione sullo schermo.

Nel suo nuovo lavoro, Christine si siede in un gabinetto di biglietteria e scambia denaro per biglietti del cinema. Il gabinetto amplifica la sua presenza nei confronti dei clienti e la protegge dal mondo esterno, inclusi gli stessi clienti. Come spiega più tardi al suo fidanzato Mark (Will Patton), sente che la sua presenza, insieme alle luci al neon e ai manifesti di film pornografici, è in qualche modo un'attrazione per gli uomini e forse li aiuta a entrare. Durante una pausa (coperta da Luis Guzmán, sia capo che collega), si aggira per la hall del teatro e viene avvicinata da uno di questi uomini, un abituale del teatro di nome Louie (Richard Davidson), che le offre una Coca-Cola in sostituzione di quella che aveva versato pochi istanti prima. Ciò che questo tipo in stile Michel Piccoli (Gordon ha rivelato questo obiettivo riguardo al casting di Davidson nel commento audio del disco) non sa è che, sebbene stia offrendo esca a una bionda simile a una cerbiatta, sarà lei a seguirlo come un cervo attraverso le colline e le valli di spazi dominati dagli uomini in tutto Manhattan, nel Bronx e fino ad Asbury Park.

Durante la realizzazione di Variety, le telecamere (maneggiate dai collaboratori di Jim Jarmusch, Tom DiCillo, John Foster e dalla stessa Gordon) e McLeod entrano in più spazi tipicamente riservati e/o privilegiati per gli uomini. Ogni luogo assume un'atmosfera sperimentale ed esperienziale mentre vediamo quanto a lungo Christine riesca a resistere all'interno dei suoi ambienti. Nel cinema pornografico, entra e esce dalla cabina di proiezione e prolunga il suo soggiorno quando alcune scene catturano la sua attenzione. Nello shop di pornografia, i clienti mantengono le distanze mentre lei osserva le riviste e le cabine video, finché un tipo a caso inizia a comportarsi "come un vero stronzo!" e lei esce dallo shop. Al Mercato del Pesce Fulton, un luogo che Mark dice essere controllato dalla mafia, e dove Louie stringe la mano a diversi uomini, Christine riesce a vagare senza interferenze, senza che venga prestata attenzione a lei (sia desiderata che indesiderata). Al Yankee Stadium, dove Louie ha invitato Christine per un appuntamento, viene trattata con un posto in una box con vista, con la partita di baseball che diventa uno sfondo nella ripresa a due di lei e Louie, quasi come una proiezione sullo schermo posteriore in un film di Hitchcock (come nota Gordon nel commento audio). Il loro appuntamento, inclusa una bottiglia di champagne condivisa, viene bruscamente interrotto quando Louie si precipita per un affare urgente non specificato. Dopo aver percepito l'odore di Louie al cinema e, per usare un linguaggio venatorio, presentandosi per L'Incontro che era la data alla partita, la partenza brusca di Louie funge da doppia corna, segnando l'inizio della caccia di Christine, una in cui il suo personaggio si evolve da segugio a Cacciatore mentre Gordon rimane il Maestro.

Prima di questo film, Gordon era per lo più quella che Amy Taubin ha definito una regista "brava ragazza", bilanciando le pressioni del discorso femminista contemporaneo senza affrontare completamente o esplorare la questione del desiderio femminile sullo schermo, come elaborato nel pezzo di Taubin su "I film di Bette Gordon" per la retrospettiva all'Anthology Film Archives nel 2011. Come riflettuto in seguito da Gordon, “Sentivo che il piacere delle donne non era stato rappresentato molto bene nel cinema, specialmente non fino al Movimento delle Donne che esaminava il film e volevo reinserirlo come questione.” Attraverso la Downtown Art Scene, Gordon si connessa a Kathy Acker, una scrittrice e artista performativa sperimentale "cattiva ragazza".

Se Gordon amava osservare, Acker amava parlare (Acker è deceduta di cancro al seno nel 1997). Negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta, si fece un nome con recitazioni di narrazione in prima persona stravaganti e che scuotevano i tabù, rivolte a pubblici di club e salotti a Lower Manhattan, incorporando osservazioni del set culturale bohémien e le proprie esperienze come figlia di una famiglia benestante dell'Upper East Side trasformata in lavoratrice del sesso-cum-segretaria diventata voce dell'avanguardia underground. Uno degli esperimenti più formali di Acker era riscrivere donne nei ruoli centrali di romanzi classici centrati sugli uomini, come Don Chisciotte e Grandi Speranze.

Con questa sensibilità e l'uso frequente della pornografia all'interno del suo lavoro, Acker era ben adatta a mettere in parole la visione di Gordon mentre lavoravano insieme a quello che sarebbe diventato il copione di Variety, basato sulla premessa e sul trattamento di Gordon. A differenza della narrativa antiporn e antistruttura delle filmmaker associate al Movimento delle Donne della fine degli anni Settanta e all'inizio degli anni Ottanta, Gordon e Acker cercavano di sovvertire l'arte impregnata di patriarcato (sia essa cinema o letteratura) utilizzando i suoi stessi meccanismi come armi e creando così dichiarazioni che potenziano le donne, le loro storie e i loro desideri.

Man mano che Christine cresce e si adatta all'estetica, seguendo le sue curiosità e desideri, aliena il suo fidanzato giornalista con monologhi brechtiani—che ricordano i primi (prima che dicesse addio al linguaggio) Godard—di fiction pornografica e fantasie sessuali. Questi discorsi sono le parole e lo spirito di messa in scena confrontativa di Acker, ma recitati con il tono invitante e quasi seducente, senza diventare apertamente licenzioso, delle cassette di auto-aiuto e degli esercizi di meditazione. Questo confronto diventa più diretto più tardi nel film quando Christine si sdraia e ascolta una cassetta di meditazione che Gordon stessa aveva trovato.

Tornando indietro e approfondendo i legami doppi di Variety con il film noir e la pornografia vintage, un occhio attento noterà i manifesti di Laura’s Desires (1977) e A Place Beyond Shame (1980) nel film. Entrambi i titoli hanno allusioni che rimandano al noir classico (Laura di Otto Preminger [1944] e In A Lonely Place di Nicholas Ray [1950]), e assumono una narrativa propria, arricchendo quella di Christine, poiché appaiono per la prima volta al cinema e vengono poi trovati nel suo appartamento. È nel suo appartamento che vediamo quanto è cambiata mentre lavorava al Variety. Nello spazio privato, Christine passa dall'ascoltare messaggi telefonici (da madre preoccupata a padrone di casa preoccupato) mentre mangia gelato in abiti casual, a truccarsi davanti allo specchio con un magnifico corpetto blu, trucco smoky e codini. Come sottolinea la critica cinematografica di New York Hillary Weston nel commento audio, Christine porta a casa con sé il neon del teatro e la sua estetica.

I colori e la palette complessiva del film si intensificano nel tempo e si allineano con la storia e lo sviluppo del personaggio di Christine, l'effetto del quale è reso ancora più sorprendente in questa restaurazione 2K approvata dal regista, laminata dalla qualità granulosa emblematicamente sovversiva del cinema in 16 mm. Le caratteristiche bonus includono gallerie di stills di produzione di Nan Goldin, stills di scouting location e illustrazioni di storyboard, che offrono ulteriori spunti sul processo visivo del film e più arte da consumare per lo spettatore curioso. Il corto di Gordon Anyone’s Woman (1981) è anch'esso incluso come bonus e si rivela aver gettato le basi per pezzi poi incorporati in Variety (inclusi discussioni su fantasie sessuali, recitazioni da donne a uomini disinteressati e distaccati, e il teatro Variety Photoplay stesso).

Variety è una storia di ossessione trasformata in realizzazione, con una sceneggiatura palpabilmente pulp girata in modo così essenziale che le immagini sono aperte a proiezioni e interpretazioni, invitando la complicità dello spettatore nell’esperienza voyeuristica—sempre che non si disimpegnino quasi immediatamente come fa il fidanzato di Christine, il cui silenzio crescente rende la sua voce ancora più forte. Come testo femminista all'interno di un film noir (o di un primo atto di Hitchcock) con tocchi erotici, Variety oscilla e si discosta dai modi del film narrativo, della pornografia e dell'avanguardia. La narrativa giallistica che fiorì negli anni Quaranta si fonde in questo ambiente vibrante degli anni Ottanta, mescolando il Classic Hollywood con il cinema indipendente. Il film è anche un artefatto di un New York non così vecchio, in un periodo intermedio tra Taxi Driver (1976) e After Hours (1985), con allusioni a Desperately Seeking Susan (1985), ma presenta lo stile distintivo di Bette Gordon e la radicale Downtown Art Scene degli anni Ottanta a cui lei e Acker appartenevano.

Per quanto riguarda il motivo per cui Variety non venga discusso più spesso tra i film sopra citati, molti critici contemporanei furono sorpresi dalla sua estetica pornografica (alcuni delusi che non fosse più osceno, altri infastiditi dall'atto di impegnarsi positivamente con la pornografia) mentre altri non risposero bene al suo fallimento nel conformarsi alle aspettative narrative del noir o del thriller, aggravato da un finale discutibilmente insoddisfacente. Per un esempio dalle pagine di Cineaste (inverno 1985), Susan Jhirad concluse la sua recensione mista e negativa: “Se si desidera vedere un film che affronti seriamente il legame tragico tra pornografia, grandi soldi e violenza contro le donne, sarebbe meglio vedere Star 80, un film femminista sottovalutato realizzato (ahimè) da un uomo.” Dopo essere stata selezionata per i festival cinematografici di Toronto e Cannes (edizioni del 1983 e del 1984, rispettivamente) e una distribuzione teatrale poco appariscente nel 1985, Variety fu generalmente ignorato e quasi dimenticato per tre decenni al di fuori dei circoli cinematografici di nicchia e di Amy Taubin come sua continua sostenitrice critica. Nel 2009, il Tribeca Film Festival ha presentato Variety in una selezione legata all'ultimo lungometraggio di Gordon, Handsome Harry (2009), e il suo film di debutto ha da allora beneficiato delle più recenti ondate di interesse critico e di pubblico per il lavoro di registe donne trascurate.

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Produced by Renee Shafransky; directed by Bette Gordon; written by Kathy Acker, based on an original story by Bette Gordon; cinematography by Tom DiCillo and John Foster; production design by Elyse Goldberg; edited by Ila von Hasperg; music by John Lurie; starring Sandy McLeod, Will Patton, Richard M. Davidson, Luis Guzmán, Nan Goldin, Cookie Mueller, Spalding Gray. Blu-ray and DVD, color, 100 min., 1983. A film distributed by Kino Lorber.

Director Bette Gordon loves to observe. This impulse led her to the Variety Photoplay theater more than forty years ago, drawn in by the neon lights of the marquee. Gordon made her way into the projection room and was fascinated not only by the contorted bodies displayed on the screen (as it was a pornographic cinema at the time) but also by the audience watching. So engrossed by these layers of observation, she decided to expand and deepen this feeling with a full-fledged narrative film, her feature debut, Variety (1983).

Is it revolutionary for a woman to look? Probably not, but in the context and texts of cinema, it is certainly bold and subversive. Walking along the literal and figurative pathways of film noir and Hitchcockian suspense, Gordon's Variety unfolds in a rundown corner of downtown New York—a pre-Giuliani Times Square (though the actual Variety Photoplay theater was located on Third Avenue in Manhattan’s East Village)—and follows an attractive blonde cashier at a pornographic cinema whose curiosity about a regular theater-goer turns into an obsession with his murky intrigues, possibly connected to organized crime.

The film begins with a close-up of Christine (Sandy McLeod) in profile as she prepares to dive into a pool and, by extension, to immerse herself in the film's narrative. Beginning with the extraordinary resemblance of Christine's profile movement, then turned, to the iconic one of Kim Novak in Vertigo (1958), Gordon opens on Christine's physicality with the sounds of splashing water, rather than a pompous score by Bernard Herrmann. The camera follows Christine's dive as she swims in a stretched-back stroke, then lingers on her legs, setting a visually unsettling and voyeuristic tone. Rather than transforming into a Technicolor showcase in the style of Esther Williams, the primary colors (yellow swim cap, red-and-white swimsuit, and chlorinated blue pool) are muted by the grainy film and the commonplace settings, or, depending on aesthetic preferences, perhaps even highlighted. In the characteristically excellent essay by Amy Taubin that accompanies the Kino Lorber Blu-ray, she describes this image and opening as “an access to a forbidden cinematic zone.”

Christine, a budding writer and unemployed, finds work at the Variety Theater.

We move to the women’s dressing room, a dim and muted space reserved for women. While “locker room talk” has become synonymous with obscene banter, at least for men, Christine and her friend Nan (the photographer Nan Goldin) discuss themselves and work at various stages of (dis)robing, with Nan commenting that she knows of a job but doesn’t think Christine would like it.

Following the thoughts of Laura Mulvey and the theoretical line of André Bazin, Gordon has been and remains a strong advocate for the pleasure derived from cinema and the power of the image. Framing the protagonist of Variety as both object and subject (portrayed by a capable McLeod), Gordon invites the viewer to become a voyeur both in watching her and in watching alongside her, reaching a narrative plane previously limited in cinema by the typical trajectory of desire encapsulated in Mulvey's phrase “Woman as Image, Man as Bearer of the Look.” In this way, Variety welcomes and implicates its audience, if not making them fully complicit, in the on-screen narrative.

In her new job, Christine sits in a ticket booth, exchanging cash for movie tickets. The booth amplifies her presence toward the customers and protects her from the outside world, including the customers themselves. As she later explains to her boyfriend Mark (Will Patton), she feels that her presence, along with the neon lights and posters of pornographic films, is somewhat of a draw for men and perhaps helps them to enter. During a break (covered by Luis Guzmán, both boss and colleague), she wanders through the theater's lobby and is approached by one of these men, a regular at the theater named Louie (Richard Davidson), who offers her a Coca-Cola to replace the one she spilled moments earlier. What this Michel Piccoli-type (Gordon revealed this aim regarding Davidson's casting in the audio commentary) doesn’t know is that, while he is offering bait to a doe-like blonde, she will be the one to follow him like a deer through the hills and valleys of male-dominated spaces throughout Manhattan, the Bronx, and up to Asbury Park.

During the making of Variety, the cameras (handled by Jim Jarmusch collaborators Tom DiCillo, John Foster, and Gordon herself) and McLeod enter more typically male-reserved and/or privileged spaces. Each location takes on an experimental and experiential atmosphere as we see how long Christine can withstand being within her environments. In the pornographic cinema, she enters and exits the projection booth and prolongs her stay when certain scenes capture her attention. In the porn shop, customers keep their distance while she observes the magazines and video booths, until a random guy starts behaving “like a real jerk!” and she leaves the shop. At the Fulton Fish Market, a place Mark says is controlled by the mob, and where Louie shakes hands with several men, Christine manages to wander without interference, with no attention paid to her (both desired and undesired). At Yankee Stadium, where Louie has invited Christine on a date, she is treated to a box seat with a view, with the baseball game becoming a backdrop in the two-shot of her and Louie, almost like a projection on the rear screen in a Hitchcock film (as Gordon notes in the audio commentary). Their date, including a shared bottle of champagne, is abruptly interrupted when Louie rushes off for an unspecified urgent matter. After catching a whiff of Louie at the cinema and, to use hunting language, presenting herself for the Encounter that was the date at the game, Louie's abrupt departure serves as a double entendre, marking the beginning of Christine's hunt, one in which her character evolves from tracker to Hunter while Gordon remains the Master.

Before this film, Gordon was mostly what Amy Taubin described as a “good girl” director, balancing the pressures of contemporary feminist discourse without fully addressing or exploring the issue of female desire on screen, as elaborated in Taubin's piece on “The Films of Bette Gordon” for the Anthology Film Archives retrospective in 2011. As later reflected by Gordon, “I felt that women's pleasure had not been represented very well in cinema, especially not until the Women's Movement examined film, and I wanted to reinstate it as an issue.” Through the Downtown Art Scene, Gordon connected with Kathy Acker, an experimental “bad girl” writer and performance artist.

If Gordon loved to observe, Acker loved to speak (Acker passed away from breast cancer in 1997). In the 1970s and early 1980s, she made a name for herself with extravagant first-person narrative performances that shook taboos, aimed at club and salon audiences in Lower Manhattan, incorporating observations of the bohemian cultural set and her own experiences as a daughter of a well-off Upper East Side family turned sex worker-cum-secretary turned voice of the underground avant-garde. One of Acker's most formal experiments was rewriting women into the central roles of classic male-centered novels, such as Don Quixote and Great Expectations.

With this sensibility and the frequent use of pornography within her work, Acker was well-suited to articulate Gordon’s vision as they worked together on what would become the script for Variety, based on Gordon's premise and treatment. Unlike the anti-porn and anti-structure narratives of the filmmakers associated with the Women's Movement of the late 1970s and early 1980s, Gordon and Acker sought to subvert patriarchally imbued art (whether it be cinema or literature) using its own mechanisms as weapons, thus creating statements that empower women, their stories, and their desires.

As Christine grows and adapts to the aesthetic, following her curiosities and desires, she alienates her journalist boyfriend with Brechtian monologues—reminiscent of the early (before he said goodbye to language) Godard—on pornographic fiction and sexual fantasies. These discourses are the words and spirit of Acker's confrontational staging, but recited with the inviting and almost seductive tone, without becoming overtly licentious, of self-help tapes and meditation exercises. This confrontation becomes more direct later in the film when Christine lies down and listens to a meditation tape that Gordon herself had found.

Looking back and deepening the double ties of Variety with film noir and vintage pornography, a keen eye will notice posters for Laura’s Desires (1977) and A Place Beyond Shame (1980) in the film. Both titles have allusions that refer back to classic noir (Laura by Otto Preminger [1944] and In A Lonely Place by Nicholas Ray [1950]), and take on a narrative of their own, enriching Christine's as they first appear in the cinema and are later found in her apartment. It is in her apartment that we see how much she has changed while working at the Variety. In the private space, Christine moves from listening to phone messages (from a worried mother to a worried landlord) while eating ice cream in casual clothes, to applying makeup in front of the mirror with a stunning blue corset, smoky makeup, and pigtails. As noted by New York film critic Hillary Weston in the audio commentary, Christine brings home the neon of the theater and its aesthetic.

The colors and overall palette of the film intensify over time and align with Christine's story and character development, the effect of which is made even more striking in this 2K restoration approved by the director, laminated by the emblematically subversive grainy quality of 16mm cinema. Bonus features include galleries of production stills by Nan Goldin, location scouting stills, and storyboard illustrations, offering further insights into the film's visual process and more art for the curious viewer to consume. Gordon's short Anyone’s Woman (1981) is also included as a bonus and proves to have laid the groundwork for pieces later incorporated into Variety (including discussions on sexual fantasies, performances from women to indifferent and detached men, and the Variety Photoplay theater itself).

Variety is a story of obsession transformed into realization, with a palpably pulp screenplay shot in such an essential way that the images are open to projections and interpretations, inviting the viewer's complicity in the voyeuristic experience—provided they don't disengage almost immediately like Christine's boyfriend, whose growing silence renders her voice even stronger. As a feminist text within a film noir (or a first act of Hitchcock) with erotic touches, Variety sways and deviates from the ways of narrative cinema, pornography, and the avant-garde. The detective narrative that flourished in the 1940s merges into this vibrant 1980s environment, mixing Classic Hollywood with independent cinema. The film is also an artifact of a not-so-old New York, in an interstitial period between Taxi Driver (1976) and After Hours (1985), with allusions to Desperately Seeking Susan (1985), but presents Bette Gordon's distinctive style and the radical Downtown Art Scene of the 1980s to which she and Acker belonged.

As for why Variety is not discussed more often among the aforementioned films, many contemporary critics were surprised by its pornographic aesthetic (some disappointed that it was not more obscene, others irritated by the act of positively engaging with pornography) while others did not respond well to its failure to conform to the narrative expectations of noir or thriller, exacerbated by a arguably unsatisfying ending. For an example from the pages of Cineaste (Winter 1985), Susan Jhirad concluded her mixed and negative review: “If you want to see a film that seriously addresses the tragic link between pornography, big money, and violence against women, you’d be better off watching Star 80, an underrated feminist film made (alas) by a man.” After being selected for the Toronto and Cannes film festivals (in 1983 and 1984, respectively) and a lackluster theatrical release in 1985, Variety was generally overlooked and almost forgotten for three decades outside of niche film circles and Amy Taubin as its ongoing critical supporter. In 2009, the Tribeca Film Festival showcased Variety in a selection related to Gordon’s latest feature, Handsome Harry (2009), and her debut film has since benefited from the most recent waves of critical and public interest in the work of overlooked women directors.

CASTING 2025

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Casting Call per Cortometraggio: "Incertezze"

Produzione: Minuscola Produzione
Location: Vicenza e Padova
Periodo di Riprese: Febbraio - Marzo 2025
Email per Candidature: precasting@gmail.com

Siamo alla ricerca di attori e attrici per il nostro cortometraggio "Incertezze", una storia intensa e profonda che esplora le dinamiche relazionali e le sfide personali. Se ti riconosci in uno dei profili sottostanti, non esitare a contattarci!

Personaggi Cercati:

Leonardo
- Sesso: Maschio
- Età: 18-27
- Descrizione:
- Età scenica: 21-24
- Aspetto fisico: alto, molto esile, con un viso che trasmette vulnerabilità.
- Personalità: complesso e tormentato, vive una lotta interna tra il desiderio di connessione e la paura di essere abbandonato. Usa il potere su Beatrice per mascherare la sua solitudine. La sua insicurezza si manifesta in comportamenti manipolativi e occasionalmente violenti.

Beatrice
- Sesso: Femmina
- Età: 18-24
- Descrizione:
- Età scenica: 19-22
- Aspetto fisico: capelli castani, mossi, con una pelle chiara e luminosa.
- Personalità: giovanile e desiderosa di cambiamento, si sente intrappolata nella sua dipendenza emotiva da Tommaso. Combatte tra il bisogno di libertà e il timore di perdere ciò che ama. Trova una via di fuga nella sua passione per la moda, cercando di abbellire gli altri come forma di autoaffermazione.

Attrice: Chiara
- Sesso: Femmina
- Età: 20-30
- Descrizione:
- Carattere: inizialmente passiva e confusa, evolve verso un forte desiderio di indipendenza e ribellione. È l'unica a mettere in discussione le dinamiche del gruppo e il senso del sacrificio, rappresentando la lotta per la propria autodeterminazione.

Alessandro
- Sesso: Maschio
- Età: 20-30
- Descrizione:
- Carattere: alterna momenti di leggerezza e comicità a scatti di rabbia e disperazione. Più emotivo rispetto a Luca, manifesta un crescente disincanto verso la realtà che vive, culminando in un atto di ribellione contro il sistema che lo opprime.

Luca
- Sesso: Maschio
- Età: 20-30
- Descrizione:
- Carattere: cinico e manipolativo, con un’ironia pungente. Rappresenta l'autorità, ma sotto la superficie si cela una profonda disillusione e un senso di stanchezza per il ruolo che gioca, rivelando un conflitto interiore tra il dovere e il desiderio di libertà.

Se sei interessato a partecipare, invia il tuo CV e una foto recente all'email: precasting@gmail.com.

REMAKE DI VARIETY - 2025

E' in corso la definizione della produzione di un Remake del film "Variety" Sceneggiatura e Regia affidati a: Giorgio Viali. Produzione: Minuscola Produzione

Variety

Prodotto da Renee Shafransky; diretto da Bette Gordon; scritto da Kathy Acker, basato su una storia originale di Bette Gordon; fotografia di Tom DiCillo e John Foster; scenografie di Elyse Goldberg; montaggio di Ila von Hasperg; musica di John Lurie; con Sandy McLeod, Will Patton, Richard M. Davidson, Luis Guzmán, Nan Goldin, Cookie Mueller, Spalding Gray. Blu-ray e DVD, colore, 100 min., 1983. Un film distribuito da Kino Lorber.

La regista Bette Gordon ama osservare. Questa pulsione la portò di fronte al teatro Variety Photoplay più di quarant'anni fa, attirata dalle luci al neon del cartellone. Gordon si fece strada nel proiettore e fu affascinata, non solo dai corpi contorti e esposti sullo schermo (poiché all'epoca si trattava di un cinema pornografico), ma anche dal pubblico che guardava. Così coinvolta da questi strati di osservazione, decise di ampliare e approfondire questa sensazione con un film narrativo a tutti gli effetti, il suo debutto da lungometraggio, Variety (1983).

È rivoluzionario per una donna guardare? Probabilmente no, ma nel contesto e nei testi del cinema, è sicuramente audace e sovversivo. Camminando lungo i sentieri letterali e figurativi del film noir e del suspense alla Hitchcock, Variety di Gordon si svolge in un angolo trasandato nel centro di New York—un Times Square pre-Giuliani (anche se il vero teatro Variety Photoplay si trovava sulla Terza Avenue nel East Village di New York)—e segue una attraente cassiera bionda di un cinema pornografico la cui curiosità per un abituale frequentatore del teatro si trasforma in ossessione per i suoi intrighi torbidi e possibilmente connessi alla criminalità organizzata.

Il film inizia con un primo piano di Christine (Sandy McLeod) di profilo, mentre si prepara a tuffarsi in una piscina e, per estensione, a immergersi nella storia del film. Iniziando dalla straordinaria somiglianza del movimento di profilo e poi girato di Christine con quello iconico di Kim Novak in Vertigo (1958), Gordon apre sulla fisicità di Christine con i suoni dell'acqua che schizzi, piuttosto che con una colonna sonora pomposa di Bernard Hermann. La telecamera segue il tuffo di Christine, che nuota in uno stile dorso allungato, per poi soffermarsi sulle sue gambe, impostando un tono visivo inquietante e voyeuristico. Piuttosto che trasformarsi in una vetrina in Technicolor in stile Esther Williams, i colori primari (cappello da bagno giallo, costume da bagno rosso e bianco, e piscina blu clorata) sono attenuati dalla pellicola granulosa e dagli ambienti comuni, o, a seconda delle preferenze estetiche, forse anche messi in risalto. Nel saggio caratteristicamente eccellente di Amy Taubin, che accompagna il Blu-ray della Kino Lorber, descrive questa immagine e apertura “come un accesso a una zona cinematografica proibita”.

Christine, scrittrice in erba e disoccupata, trova lavoro al Variety Theater.

Passiamo al spogliatoio femminile, uno spazio cupo e dai colori spenti riservato alle donne. Mentre il "talk da spogliatoio" è diventato sinonimo di battute oscene, almeno per gli uomini, Christine e la sua amica Nan (la fotografa Nan Goldin) discutono di sé stesse e del lavoro in vari stadi di (dis)vestizione, con Nan che commenta di conoscere un lavoro ma non pensare che a Christine piacerebbe.

Seguendo il pensiero di Laura Mulvey e la linea teorica di André Bazin, Gordon è stata e rimane una forte sostenitrice del piacere che si trae dal cinema e del potere dell'immagine. Inquadrando la protagonista di Variety come oggetto e soggetto (interpretata da una McLeod capace di proiettarsi), Gordon invita lo spettatore a diventare voyeur sia nel guardarla sia nel guardare insieme a lei, raggiungendo un piano narrativo precedentemente limitato nel cinema dalla tipica traiettoria del desiderio riassunta nella frase di Mulvey “Donna come Immagine, Uomo come Portatore dello Sguardo”. In questo modo, Variety accoglie il pubblico e lo implica, se non lo rende completamente complice, nella narrazione sullo schermo.

Nel suo nuovo lavoro, Christine si siede in un gabinetto di biglietteria e scambia denaro per biglietti del cinema. Il gabinetto amplifica la sua presenza nei confronti dei clienti e la protegge dal mondo esterno, inclusi gli stessi clienti. Come spiega più tardi al suo fidanzato Mark (Will Patton), sente che la sua presenza, insieme alle luci al neon e ai manifesti di film pornografici, è in qualche modo un'attrazione per gli uomini e forse li aiuta a entrare. Durante una pausa (coperta da Luis Guzmán, sia capo che collega), si aggira per la hall del teatro e viene avvicinata da uno di questi uomini, un abituale del teatro di nome Louie (Richard Davidson), che le offre una Coca-Cola in sostituzione di quella che aveva versato pochi istanti prima. Ciò che questo tipo in stile Michel Piccoli (Gordon ha rivelato questo obiettivo riguardo al casting di Davidson nel commento audio del disco) non sa è che, sebbene stia offrendo esca a una bionda simile a una cerbiatta, sarà lei a seguirlo come un cervo attraverso le colline e le valli di spazi dominati dagli uomini in tutto Manhattan, nel Bronx e fino ad Asbury Park.

Durante la realizzazione di Variety, le telecamere (maneggiate dai collaboratori di Jim Jarmusch, Tom DiCillo, John Foster e dalla stessa Gordon) e McLeod entrano in più spazi tipicamente riservati e/o privilegiati per gli uomini. Ogni luogo assume un'atmosfera sperimentale ed esperienziale mentre vediamo quanto a lungo Christine riesca a resistere all'interno dei suoi ambienti. Nel cinema pornografico, entra e esce dalla cabina di proiezione e prolunga il suo soggiorno quando alcune scene catturano la sua attenzione. Nello shop di pornografia, i clienti mantengono le distanze mentre lei osserva le riviste e le cabine video, finché un tipo a caso inizia a comportarsi "come un vero stronzo!" e lei esce dallo shop. Al Mercato del Pesce Fulton, un luogo che Mark dice essere controllato dalla mafia, e dove Louie stringe la mano a diversi uomini, Christine riesce a vagare senza interferenze, senza che venga prestata attenzione a lei (sia desiderata che indesiderata). Al Yankee Stadium, dove Louie ha invitato Christine per un appuntamento, viene trattata con un posto in una box con vista, con la partita di baseball che diventa uno sfondo nella ripresa a due di lei e Louie, quasi come una proiezione sullo schermo posteriore in un film di Hitchcock (come nota Gordon nel commento audio). Il loro appuntamento, inclusa una bottiglia di champagne condivisa, viene bruscamente interrotto quando Louie si precipita per un affare urgente non specificato. Dopo aver percepito l'odore di Louie al cinema e, per usare un linguaggio venatorio, presentandosi per L'Incontro che era la data alla partita, la partenza brusca di Louie funge da doppia corna, segnando l'inizio della caccia di Christine, una in cui il suo personaggio si evolve da segugio a Cacciatore mentre Gordon rimane il Maestro.

Prima di questo film, Gordon era per lo più quella che Amy Taubin ha definito una regista "brava ragazza", bilanciando le pressioni del discorso femminista contemporaneo senza affrontare completamente o esplorare la questione del desiderio femminile sullo schermo, come elaborato nel pezzo di Taubin su "I film di Bette Gordon" per la retrospettiva all'Anthology Film Archives nel 2011. Come riflettuto in seguito da Gordon, “Sentivo che il piacere delle donne non era stato rappresentato molto bene nel cinema, specialmente non fino al Movimento delle Donne che esaminava il film e volevo reinserirlo come questione.” Attraverso la Downtown Art Scene, Gordon si connessa a Kathy Acker, una scrittrice e artista performativa sperimentale "cattiva ragazza".

Se Gordon amava osservare, Acker amava parlare (Acker è deceduta di cancro al seno nel 1997). Negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta, si fece un nome con recitazioni di narrazione in prima persona stravaganti e che scuotevano i tabù, rivolte a pubblici di club e salotti a Lower Manhattan, incorporando osservazioni del set culturale bohémien e le proprie esperienze come figlia di una famiglia benestante dell'Upper East Side trasformata in lavoratrice del sesso-cum-segretaria diventata voce dell'avanguardia underground. Uno degli esperimenti più formali di Acker era riscrivere donne nei ruoli centrali di romanzi classici centrati sugli uomini, come Don Chisciotte e Grandi Speranze.

Con questa sensibilità e l'uso frequente della pornografia all'interno del suo lavoro, Acker era ben adatta a mettere in parole la visione di Gordon mentre lavoravano insieme a quello che sarebbe diventato il copione di Variety, basato sulla premessa e sul trattamento di Gordon. A differenza della narrativa antiporn e antistruttura delle filmmaker associate al Movimento delle Donne della fine degli anni Settanta e all'inizio degli anni Ottanta, Gordon e Acker cercavano di sovvertire l'arte impregnata di patriarcato (sia essa cinema o letteratura) utilizzando i suoi stessi meccanismi come armi e creando così dichiarazioni che potenziano le donne, le loro storie e i loro desideri.

Man mano che Christine cresce e si adatta all'estetica, seguendo le sue curiosità e desideri, aliena il suo fidanzato giornalista con monologhi brechtiani—che ricordano i primi (prima che dicesse addio al linguaggio) Godard—di fiction pornografica e fantasie sessuali. Questi discorsi sono le parole e lo spirito di messa in scena confrontativa di Acker, ma recitati con il tono invitante e quasi seducente, senza diventare apertamente licenzioso, delle cassette di auto-aiuto e degli esercizi di meditazione. Questo confronto diventa più diretto più tardi nel film quando Christine si sdraia e ascolta una cassetta di meditazione che Gordon stessa aveva trovato.

Tornando indietro e approfondendo i legami doppi di Variety con il film noir e la pornografia vintage, un occhio attento noterà i manifesti di Laura’s Desires (1977) e A Place Beyond Shame (1980) nel film. Entrambi i titoli hanno allusioni che rimandano al noir classico (Laura di Otto Preminger [1944] e In A Lonely Place di Nicholas Ray [1950]), e assumono una narrativa propria, arricchendo quella di Christine, poiché appaiono per la prima volta al cinema e vengono poi trovati nel suo appartamento. È nel suo appartamento che vediamo quanto è cambiata mentre lavorava al Variety. Nello spazio privato, Christine passa dall'ascoltare messaggi telefonici (da madre preoccupata a padrone di casa preoccupato) mentre mangia gelato in abiti casual, a truccarsi davanti allo specchio con un magnifico corpetto blu, trucco smoky e codini. Come sottolinea la critica cinematografica di New York Hillary Weston nel commento audio, Christine porta a casa con sé il neon del teatro e la sua estetica.

I colori e la palette complessiva del film si intensificano nel tempo e si allineano con la storia e lo sviluppo del personaggio di Christine, l'effetto del quale è reso ancora più sorprendente in questa restaurazione 2K approvata dal regista, laminata dalla qualità granulosa emblematicamente sovversiva del cinema in 16 mm. Le caratteristiche bonus includono gallerie di stills di produzione di Nan Goldin, stills di scouting location e illustrazioni di storyboard, che offrono ulteriori spunti sul processo visivo del film e più arte da consumare per lo spettatore curioso. Il corto di Gordon Anyone’s Woman (1981) è anch'esso incluso come bonus e si rivela aver gettato le basi per pezzi poi incorporati in Variety (inclusi discussioni su fantasie sessuali, recitazioni da donne a uomini disinteressati e distaccati, e il teatro Variety Photoplay stesso).

Variety è una storia di ossessione trasformata in realizzazione, con una sceneggiatura palpabilmente pulp girata in modo così essenziale che le immagini sono aperte a proiezioni e interpretazioni, invitando la complicità dello spettatore nell’esperienza voyeuristica—sempre che non si disimpegnino quasi immediatamente come fa il fidanzato di Christine, il cui silenzio crescente rende la sua voce ancora più forte. Come testo femminista all'interno di un film noir (o di un primo atto di Hitchcock) con tocchi erotici, Variety oscilla e si discosta dai modi del film narrativo, della pornografia e dell'avanguardia. La narrativa giallistica che fiorì negli anni Quaranta si fonde in questo ambiente vibrante degli anni Ottanta, mescolando il Classic Hollywood con il cinema indipendente. Il film è anche un artefatto di un New York non così vecchio, in un periodo intermedio tra Taxi Driver (1976) e After Hours (1985), con allusioni a Desperately Seeking Susan (1985), ma presenta lo stile distintivo di Bette Gordon e la radicale Downtown Art Scene degli anni Ottanta a cui lei e Acker appartenevano.

Per quanto riguarda il motivo per cui Variety non venga discusso più spesso tra i film sopra citati, molti critici contemporanei furono sorpresi dalla sua estetica pornografica (alcuni delusi che non fosse più osceno, altri infastiditi dall'atto di impegnarsi positivamente con la pornografia) mentre altri non risposero bene al suo fallimento nel conformarsi alle aspettative narrative del noir o del thriller, aggravato da un finale discutibilmente insoddisfacente. Per un esempio dalle pagine di Cineaste (inverno 1985), Susan Jhirad concluse la sua recensione mista e negativa: “Se si desidera vedere un film che affronti seriamente il legame tragico tra pornografia, grandi soldi e violenza contro le donne, sarebbe meglio vedere Star 80, un film femminista sottovalutato realizzato (ahimè) da un uomo.” Dopo essere stata selezionata per i festival cinematografici di Toronto e Cannes (edizioni del 1983 e del 1984, rispettivamente) e una distribuzione teatrale poco appariscente nel 1985, Variety fu generalmente ignorato e quasi dimenticato per tre decenni al di fuori dei circoli cinematografici di nicchia e di Amy Taubin come sua continua sostenitrice critica. Nel 2009, il Tribeca Film Festival ha presentato Variety in una selezione legata all'ultimo lungometraggio di Gordon, Handsome Harry (2009), e il suo film di debutto ha da allora beneficiato delle più recenti ondate di interesse critico e di pubblico per il lavoro di registe donne trascurate.

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Produced by Renee Shafransky; directed by Bette Gordon; written by Kathy Acker, based on an original story by Bette Gordon; cinematography by Tom DiCillo and John Foster; production design by Elyse Goldberg; edited by Ila von Hasperg; music by John Lurie; starring Sandy McLeod, Will Patton, Richard M. Davidson, Luis Guzmán, Nan Goldin, Cookie Mueller, Spalding Gray. Blu-ray and DVD, color, 100 min., 1983. A film distributed by Kino Lorber.

Director Bette Gordon loves to observe. This impulse led her to the Variety Photoplay theater more than forty years ago, drawn in by the neon lights of the marquee. Gordon made her way into the projection room and was fascinated not only by the contorted bodies displayed on the screen (as it was a pornographic cinema at the time) but also by the audience watching. So engrossed by these layers of observation, she decided to expand and deepen this feeling with a full-fledged narrative film, her feature debut, Variety (1983).

Is it revolutionary for a woman to look? Probably not, but in the context and texts of cinema, it is certainly bold and subversive. Walking along the literal and figurative pathways of film noir and Hitchcockian suspense, Gordon's Variety unfolds in a rundown corner of downtown New York—a pre-Giuliani Times Square (though the actual Variety Photoplay theater was located on Third Avenue in Manhattan’s East Village)—and follows an attractive blonde cashier at a pornographic cinema whose curiosity about a regular theater-goer turns into an obsession with his murky intrigues, possibly connected to organized crime.

The film begins with a close-up of Christine (Sandy McLeod) in profile as she prepares to dive into a pool and, by extension, to immerse herself in the film's narrative. Beginning with the extraordinary resemblance of Christine's profile movement, then turned, to the iconic one of Kim Novak in Vertigo (1958), Gordon opens on Christine's physicality with the sounds of splashing water, rather than a pompous score by Bernard Herrmann. The camera follows Christine's dive as she swims in a stretched-back stroke, then lingers on her legs, setting a visually unsettling and voyeuristic tone. Rather than transforming into a Technicolor showcase in the style of Esther Williams, the primary colors (yellow swim cap, red-and-white swimsuit, and chlorinated blue pool) are muted by the grainy film and the commonplace settings, or, depending on aesthetic preferences, perhaps even highlighted. In the characteristically excellent essay by Amy Taubin that accompanies the Kino Lorber Blu-ray, she describes this image and opening as “an access to a forbidden cinematic zone.”

Christine, a budding writer and unemployed, finds work at the Variety Theater.

We move to the women’s dressing room, a dim and muted space reserved for women. While “locker room talk” has become synonymous with obscene banter, at least for men, Christine and her friend Nan (the photographer Nan Goldin) discuss themselves and work at various stages of (dis)robing, with Nan commenting that she knows of a job but doesn’t think Christine would like it.

Following the thoughts of Laura Mulvey and the theoretical line of André Bazin, Gordon has been and remains a strong advocate for the pleasure derived from cinema and the power of the image. Framing the protagonist of Variety as both object and subject (portrayed by a capable McLeod), Gordon invites the viewer to become a voyeur both in watching her and in watching alongside her, reaching a narrative plane previously limited in cinema by the typical trajectory of desire encapsulated in Mulvey's phrase “Woman as Image, Man as Bearer of the Look.” In this way, Variety welcomes and implicates its audience, if not making them fully complicit, in the on-screen narrative.

In her new job, Christine sits in a ticket booth, exchanging cash for movie tickets. The booth amplifies her presence toward the customers and protects her from the outside world, including the customers themselves. As she later explains to her boyfriend Mark (Will Patton), she feels that her presence, along with the neon lights and posters of pornographic films, is somewhat of a draw for men and perhaps helps them to enter. During a break (covered by Luis Guzmán, both boss and colleague), she wanders through the theater's lobby and is approached by one of these men, a regular at the theater named Louie (Richard Davidson), who offers her a Coca-Cola to replace the one she spilled moments earlier. What this Michel Piccoli-type (Gordon revealed this aim regarding Davidson's casting in the audio commentary) doesn’t know is that, while he is offering bait to a doe-like blonde, she will be the one to follow him like a deer through the hills and valleys of male-dominated spaces throughout Manhattan, the Bronx, and up to Asbury Park.

During the making of Variety, the cameras (handled by Jim Jarmusch collaborators Tom DiCillo, John Foster, and Gordon herself) and McLeod enter more typically male-reserved and/or privileged spaces. Each location takes on an experimental and experiential atmosphere as we see how long Christine can withstand being within her environments. In the pornographic cinema, she enters and exits the projection booth and prolongs her stay when certain scenes capture her attention. In the porn shop, customers keep their distance while she observes the magazines and video booths, until a random guy starts behaving “like a real jerk!” and she leaves the shop. At the Fulton Fish Market, a place Mark says is controlled by the mob, and where Louie shakes hands with several men, Christine manages to wander without interference, with no attention paid to her (both desired and undesired). At Yankee Stadium, where Louie has invited Christine on a date, she is treated to a box seat with a view, with the baseball game becoming a backdrop in the two-shot of her and Louie, almost like a projection on the rear screen in a Hitchcock film (as Gordon notes in the audio commentary). Their date, including a shared bottle of champagne, is abruptly interrupted when Louie rushes off for an unspecified urgent matter. After catching a whiff of Louie at the cinema and, to use hunting language, presenting herself for the Encounter that was the date at the game, Louie's abrupt departure serves as a double entendre, marking the beginning of Christine's hunt, one in which her character evolves from tracker to Hunter while Gordon remains the Master.

Before this film, Gordon was mostly what Amy Taubin described as a “good girl” director, balancing the pressures of contemporary feminist discourse without fully addressing or exploring the issue of female desire on screen, as elaborated in Taubin's piece on “The Films of Bette Gordon” for the Anthology Film Archives retrospective in 2011. As later reflected by Gordon, “I felt that women's pleasure had not been represented very well in cinema, especially not until the Women's Movement examined film, and I wanted to reinstate it as an issue.” Through the Downtown Art Scene, Gordon connected with Kathy Acker, an experimental “bad girl” writer and performance artist.

If Gordon loved to observe, Acker loved to speak (Acker passed away from breast cancer in 1997). In the 1970s and early 1980s, she made a name for herself with extravagant first-person narrative performances that shook taboos, aimed at club and salon audiences in Lower Manhattan, incorporating observations of the bohemian cultural set and her own experiences as a daughter of a well-off Upper East Side family turned sex worker-cum-secretary turned voice of the underground avant-garde. One of Acker's most formal experiments was rewriting women into the central roles of classic male-centered novels, such as Don Quixote and Great Expectations.

With this sensibility and the frequent use of pornography within her work, Acker was well-suited to articulate Gordon’s vision as they worked together on what would become the script for Variety, based on Gordon's premise and treatment. Unlike the anti-porn and anti-structure narratives of the filmmakers associated with the Women's Movement of the late 1970s and early 1980s, Gordon and Acker sought to subvert patriarchally imbued art (whether it be cinema or literature) using its own mechanisms as weapons, thus creating statements that empower women, their stories, and their desires.

As Christine grows and adapts to the aesthetic, following her curiosities and desires, she alienates her journalist boyfriend with Brechtian monologues—reminiscent of the early (before he said goodbye to language) Godard—on pornographic fiction and sexual fantasies. These discourses are the words and spirit of Acker's confrontational staging, but recited with the inviting and almost seductive tone, without becoming overtly licentious, of self-help tapes and meditation exercises. This confrontation becomes more direct later in the film when Christine lies down and listens to a meditation tape that Gordon herself had found.

Looking back and deepening the double ties of Variety with film noir and vintage pornography, a keen eye will notice posters for Laura’s Desires (1977) and A Place Beyond Shame (1980) in the film. Both titles have allusions that refer back to classic noir (Laura by Otto Preminger [1944] and In A Lonely Place by Nicholas Ray [1950]), and take on a narrative of their own, enriching Christine's as they first appear in the cinema and are later found in her apartment. It is in her apartment that we see how much she has changed while working at the Variety. In the private space, Christine moves from listening to phone messages (from a worried mother to a worried landlord) while eating ice cream in casual clothes, to applying makeup in front of the mirror with a stunning blue corset, smoky makeup, and pigtails. As noted by New York film critic Hillary Weston in the audio commentary, Christine brings home the neon of the theater and its aesthetic.

The colors and overall palette of the film intensify over time and align with Christine's story and character development, the effect of which is made even more striking in this 2K restoration approved by the director, laminated by the emblematically subversive grainy quality of 16mm cinema. Bonus features include galleries of production stills by Nan Goldin, location scouting stills, and storyboard illustrations, offering further insights into the film's visual process and more art for the curious viewer to consume. Gordon's short Anyone’s Woman (1981) is also included as a bonus and proves to have laid the groundwork for pieces later incorporated into Variety (including discussions on sexual fantasies, performances from women to indifferent and detached men, and the Variety Photoplay theater itself).

Variety is a story of obsession transformed into realization, with a palpably pulp screenplay shot in such an essential way that the images are open to projections and interpretations, inviting the viewer's complicity in the voyeuristic experience—provided they don't disengage almost immediately like Christine's boyfriend, whose growing silence renders her voice even stronger. As a feminist text within a film noir (or a first act of Hitchcock) with erotic touches, Variety sways and deviates from the ways of narrative cinema, pornography, and the avant-garde. The detective narrative that flourished in the 1940s merges into this vibrant 1980s environment, mixing Classic Hollywood with independent cinema. The film is also an artifact of a not-so-old New York, in an interstitial period between Taxi Driver (1976) and After Hours (1985), with allusions to Desperately Seeking Susan (1985), but presents Bette Gordon's distinctive style and the radical Downtown Art Scene of the 1980s to which she and Acker belonged.

As for why Variety is not discussed more often among the aforementioned films, many contemporary critics were surprised by its pornographic aesthetic (some disappointed that it was not more obscene, others irritated by the act of positively engaging with pornography) while others did not respond well to its failure to conform to the narrative expectations of noir or thriller, exacerbated by a arguably unsatisfying ending. For an example from the pages of Cineaste (Winter 1985), Susan Jhirad concluded her mixed and negative review: “If you want to see a film that seriously addresses the tragic link between pornography, big money, and violence against women, you’d be better off watching Star 80, an underrated feminist film made (alas) by a man.” After being selected for the Toronto and Cannes film festivals (in 1983 and 1984, respectively) and a lackluster theatrical release in 1985, Variety was generally overlooked and almost forgotten for three decades outside of niche film circles and Amy Taubin as its ongoing critical supporter. In 2009, the Tribeca Film Festival showcased Variety in a selection related to Gordon’s latest feature, Handsome Harry (2009), and her debut film has since benefited from the most recent waves of critical and public interest in the work of overlooked women directors.

CASTING 2025

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Casting Call - Minuscola Produzione

Siamo alla ricerca di talenti per il nostro prossimo progetto cinematografico che si terrà a Vicenza e Padova tra febbraio e marzo 2025. Se sei un attore o un'attrice con passione e voglia di raccontare storie, questa è la tua occasione!

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Roberto
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Odette
- Sesso: Femmina
- Età: 18-24 (età scenica 18-23)
- Caratteristiche fisiche: Capelli scuri, ricci o mossi, pelle molto chiara.
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Attrice: Marta
- Sesso: Femmina
- Età: 20-30
- Descrizione: Confusa e inizialmente passiva, manifesta un’evoluzione verso il desiderio di ribellione e autonomia. È l’unica dei personaggi a mettere in dubbio la natura dello show e la legittimità del suo sacrificio, incarnando così la lotta per il libero arbitrio.

Marco
- Sesso: Maschio
- Età: 20-30
- Descrizione: Alterna momenti di leggerezza comica a improvvisi accessi di violenza e disperazione. Più emotivo rispetto a Luttel, manifesta un’insoddisfazione crescente verso il sistema, culminando in un tentativo di ribellione.

Remo
- Sesso: Maschio
- Età: 20-30
- Descrizione: Manipolativo e cinico, con un’ironia tagliente. Sebbene sia il volto dell’autorità e del controllo, in lui emergono tratti di rassegnazione e stanchezza, che suggeriscono un disagio nascosto nel seguire la procedura imposta.

Come partecipare:
Se sei interessato a uno dei ruoli sopra descritti, invia una email a precasting@gmail.com con il tuo curriculum vitae, foto recenti e una breve lettera di motivazione.

Scadenza per le candidature: 30 gennaio 2025.